Riassunto analitico
Il lavoro italiano all'estero è considerato un rapporto di lavoro all'estero tra soggetti italiani, o tra un datore di lavoro straniero e un lavoratore italiano, svolto fuori dall'Italia, sin dall'origine o per effetto di trasferimento, trasferta o distacco. L’istituto giuridico della trasferta non è regolato dalla legge. Essa consiste, propriamente, nel mutamento temporaneo del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa per il sopravvenire di esigenze di servizio che rendano necessario il dislocamento del lavoratore nel luogo dove tali esigenze siano sorte e per il tempo necessario al loro soddisfacimento. Per la configurabilità della trasferta è richiesta la sussistenza e la permanenza del legame del prestatore di lavoro con il luogo di lavoro definito al momento dell’assunzione. Il trasferimento, nel rapporto di lavoro subordinato, determina una modifica del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, quindi della sede di lavoro originariamente stabilita ovvero di quella successivamente acquisita. La disciplina di riferimento è contenuta nell'ultima parte dell’art. 2103 c.c. il quale stabilisce che il lavoratore "non può essere trasferito da un'attività produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive". Il distacco, come la trasferta, determina un mutamento temporaneo del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa. Però, il distacco si distingue dalla trasferta perché determina sulla base di una previsione normativa contenuta nell'art. 30 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, una delega strutturata ad un altro datore di lavoro dell’esercizio del potere direttivo nei confronti del prestatore di lavoro. La disciplina di riferimento in materia di distacco è contenuta nell'art. 30, D.Lgs. n. 276/2003 e, con riferimento alle ipotesi di distacco internazionale, nell'art. 2 del D.Lgs. n. 72/2000.
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