Riassunto analitico
Il nuovo paradigma blockchain ha avuto un effetto dirompente sullo sviluppo tecnologico. Questo ha generato da un lato conflitti con l’esistente panorama normativo, anche nel caso di regolamentazioni recenti come la General Data Protection Regulation; dall’altro ne ha fatto emergere le lacune, come nel caso delle cryptovalute, per le quali mancava del tutto un impianto legislativo, a partire dalla categorizzazione stessa. Inizialmente proprio l’assenza di una regolamentazione ha costituito un incentivo allo sviluppo delle applicazioni in determinati ambiti. La risposta degli enti regolamentari ha tardato ad arrivare, e lo ha fatto poi in modo disordinato e molto differenziato. Questo ha generato un fenomeno di “arbitraggio regolamentare” dove gli operatori si sono mossi verso i Paesi che offrivano i maggiori vantaggi in termini di ecosistema normativo. Per spingere il Regolatore Europeo a prendere posizione, anche se ad oggi ancora solo con una proposta, è stata la comparsa sul mercato di un rischio reale e di dimensioni rilevanti, il rischio che un colosso della gestione dei dati a livello mondiale si arrogasse il diritto di emettere una valuta, che pur senza avere corso legale, poteva contare su una base di diversi miliardi di utenti. Questo significava occupare uno spazio fino ad oggi riservato ai soli Stati, e farlo in modo unitario a livello mondiale. Allo stesso tempo le stesse nuove tecnologie possono rappresentare lo strumento necessario per consentire agli individui di riappropriarsi del controllo dei propri dati personali, ad oggi diventati moneta di scambio dell'economia digitale, dominata proprio dai giganti della gestione dei dati. Per poterlo fare è però necessario superare le tensioni tra le nuove tecnologie e la regolamentazione in materia di data protection. E dove il regolatore è ad oggi silente è la tecnologia a progredire verso una soluzione perlomeno possibile.
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