Riassunto analitico
I fallimenti bancari che a partire dal 2007 hanno caratterizzato la grande crisi finanziaria hanno portato il tema delle remunerazioni all’interno di queste istituzioni ad essere uno degli argomenti più discussi. Sono così emerse tutte le imperfezioni del meccanismo retributivo incentrato sugli schemi di incentivazione del management bancario. I modelli in questione, caratterizzati da compensi asimmetrici e sproporzionati, sono stati spesso indicati come fautori della crisi della prima decade del 2000. L’avallo di progetti d’investimento e l’assunzione di rischi inadeguati, e non compresi da parte del management bancario e dall’area trading delle istituzioni, ha condotto le aziende a rischiare e successivamente perdere gran parte del patrimonio. I soggetti preposti alle scelte aziendali, infatti, essendo remunerati indipendentemente dai risultati ottenuti hanno adottato scelte e comportamenti opportunistici senza valutazioni complete e corrette di quello che stava realmente accadendo. Ciò che ha spinto il personale rilevante a mettere in atto questi comportamenti è proprio il meccanismo che, nonostante collegasse parte della remunerazione al raggiungimento degli obiettivi e performance aziendali, non ha mai funzionato in maniera corretta e completa. I soggetti in questione hanno così beneficiato di bonus straordinariamente elevati e complessivamente disallineati rispetto a quelli che sono stati i risultati e le performance di lungo periodo delle istituzioni stesse. In alcuni casi si è avuto un vero e proprio fenomeno di elargizione del patrimonio societario in contrapposizione a risultati inversamente correlati a quelli che erano i risultati prefissati per le aziende stesse. Lo scopo generale dell’elaborato è quindi affrontare il problema della remunerazione del top management bancario passando attraverso le teorie sviluppatesi prima e dopo la crisi finanziaria del 2009, studiando il processo che ha portato all’adozione dell’odierna normativa in materia. Come descritto dal Professor Alan Blinder (2013): “The following sort of go-for-broke incentives when they place financial bets: Heads, you become richer than Croesus; tails, you get no bonus, receive instead about four times the national average salary, and may (or may not) have to look for a new job.... Faced with such skewed incentives, they place lots of big bets. If heads come up, they acquire dynastic wealth. If tails come up, OPM (other people money) will absorb almost all of the losses anyway.” Il presente lavoro illustra innanzitutto, al Capitolo I, i principali elementi teorici e definitori delle remunerazioni del top management bancario, necessari per affrontare la tematica. In particolare, si illustrano la composizione delle retribuzioni, le modalità con cui i bonus sono elargiti, la teoria relativa al moral hazard e costi di agenzia. Nel Capitolo II viene fatta una breve rassegna delle evidenze relative alle remunerazioni all’interno di due grandi istituti colpiti in pieno dalla crisi del 2008: Lehman Brothers e Bear Sterns; importante sarà il confronto con le retribuzioni elargite al top management degli istituti nello scenario ex-ante ed ex-post il fallimento delle banche. Il Capitolo III sarà invece dedicato al processo di riforma normativa riguardante i modelli retributivi. Dal primo intervento sulla materia da parte del Financial Stability Board con i suoi principi e standard alla normativa a livello Europeo e Statunitense. Il Capitolo IV, infine, descriverà e commenterà un’analisi econometrica svolta da Barontini, Bozzi, Ferrarini e Ungureanu, nella quale sono messi a confronto il livello delle remunerazioni del personale rilevante in diversi paesi dopo i correttivi posti in essere dai diversi organi nazionali e sovranazionali.
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Abstract
I fallimenti bancari che a partire dal 2007 hanno caratterizzato la grande crisi finanziaria hanno portato il tema delle remunerazioni all’interno di queste istituzioni ad essere uno degli argomenti più discussi. Sono così emerse tutte le imperfezioni del meccanismo retributivo incentrato sugli schemi di incentivazione del management bancario. I modelli in questione, caratterizzati da compensi asimmetrici e sproporzionati, sono stati spesso indicati come fautori della crisi della prima decade del 2000.
L’avallo di progetti d’investimento e l’assunzione di rischi inadeguati, e non compresi da parte del management bancario e dall’area trading delle istituzioni, ha condotto le aziende a rischiare e successivamente perdere gran parte del patrimonio. I soggetti preposti alle scelte aziendali, infatti, essendo remunerati indipendentemente dai risultati ottenuti hanno adottato scelte e comportamenti opportunistici senza valutazioni complete e corrette di quello che stava realmente accadendo. Ciò che ha spinto il personale rilevante a mettere in atto questi comportamenti è proprio il meccanismo che, nonostante collegasse parte della remunerazione al raggiungimento degli obiettivi e performance aziendali, non ha mai funzionato in maniera corretta e completa. I soggetti in questione hanno così beneficiato di bonus straordinariamente elevati e complessivamente disallineati rispetto a quelli che sono stati i risultati e le performance di lungo periodo delle istituzioni stesse. In alcuni casi si è avuto un vero e proprio fenomeno di elargizione del patrimonio societario in contrapposizione a risultati inversamente correlati a quelli che erano i risultati prefissati per le aziende stesse.
Lo scopo generale dell’elaborato è quindi affrontare il problema della remunerazione del top management bancario passando attraverso le teorie sviluppatesi prima e dopo la crisi finanziaria del 2009, studiando il processo che ha portato all’adozione dell’odierna normativa in materia.
Come descritto dal Professor Alan Blinder (2013):
“The following sort of go-for-broke incentives when they place financial bets: Heads, you become richer than Croesus; tails, you get no bonus, receive instead about four times the national average salary, and may (or may not) have to look
for a new job.... Faced with such skewed incentives, they place lots of big bets. If heads come up, they acquire dynastic wealth. If tails come up, OPM (other people money) will absorb almost all of the losses anyway.”
Il presente lavoro illustra innanzitutto, al Capitolo I, i principali elementi teorici e definitori delle remunerazioni del top management bancario, necessari per affrontare la tematica. In particolare, si illustrano la composizione delle retribuzioni, le modalità con cui i bonus sono elargiti, la teoria relativa al moral hazard e costi di agenzia.
Nel Capitolo II viene fatta una breve rassegna delle evidenze relative alle remunerazioni all’interno di due grandi istituti colpiti in pieno dalla crisi del 2008: Lehman Brothers e Bear Sterns; importante sarà il confronto con le retribuzioni elargite al top management degli istituti nello scenario ex-ante ed ex-post il fallimento delle banche.
Il Capitolo III sarà invece dedicato al processo di riforma normativa riguardante i modelli retributivi. Dal primo intervento sulla materia da parte del Financial Stability Board con i suoi principi e standard alla normativa a livello Europeo e Statunitense.
Il Capitolo IV, infine, descriverà e commenterà un’analisi econometrica svolta da Barontini, Bozzi, Ferrarini e Ungureanu, nella quale sono messi a confronto il livello delle remunerazioni del personale rilevante in diversi paesi dopo i correttivi posti in essere dai diversi organi nazionali e sovranazionali.
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