Riassunto analitico
Il sistema whistleblowing è entrato nel nostro ordinamento solo negli ultimi anni. Il legislatore italiano ha ritenuto che tale istituto, se sfruttato correttamente, possa essere uno strumento efficace per implementare l’emersione di comportamenti illeciti che potrebbero portare ad una responsabilità amministrativa in capo all’ente nel quale sono stati commessi. L’elaborato è suddiviso in tre capitoli. Nel primo capitolo vengono analizzate le origini dell’istituto del whistleblowing nei sistemi di common law e le sue prime applicazioni: conoscere la storia dell’istituto permette di comprendere al meglio gli obiettivi e le finalità che esso intendeva perseguire fin dal momento in cui esso ha messo radici nell’ordinamento giuridico anglosassone e nell’ordinamento giuridico statunitense. Sempre al fine di comprendere l’importanza che tale istituto ricopre a livello internazionale ed europeo, vengono poi analizzate le fonti internazionali ed europee che hanno portato ad una regolamentazione del sistema whistleblowing, seppur in ritardo, anche da parte del legislatore italiano. Il secondo capitolo si occupa di fornire un quadro completo degli istituti del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 che svolgono un ruolo fondamentale nell’implementazione di un efficace sistema whistleblowing all’interno delle imprese. L’analisi si incentra sulla criminalità di impresa e, in particolare, sul catalogo dei reati-presupposto, per poi passare ad una analisi dei requisiti strutturali che il modello di organizzazione, gestione e controllo deve possedere per poter essere dichiarato idoneo in astratto ed efficace in concreto a prevenire la commissione dei reati contenuti nel catalogo e, infine, il ruolo essenziale svolto dall’Organismo di Vigilanza sempre a tal fine. Il capitolo si conclude con lo studio delle investigazioni difensive che possono essere svolte dall’ente per dare efficace attuazione al modello organizzativo adottato, facilitare l’emersione di comportamenti illeciti attraverso l’implementazione dell’attività di controllo interno e per consentire all’ente, qualora sia stato commesso un illecito all’interno della sua organizzazione aziendale, di raccogliere prove utili da poter utilizzare in una eventuale difesa in tribunale. Il terzo e ultimo capitolo si occupa di trattare i diversi “punti di contatto” tra la normativa italiana in tema di whistleblowing e il d.lgs. n. 231/2001, mettendo in evidenza le innovazioni apportate a quest’ultimo dal nuovo d.lgs. 10 marzo 2023, n. 24 rispetto a quanto era statuito all’interno della precedente normativa, ossia dalla legge 30 novembre 2017, n. 179. L’obiettivo del legislatore è quello di garantire una maggior rete di tutele ai whistleblowers affinchè essi siano incentivati a segnalare illeciti commessi all’interno delle società in cui lavorano, permettendo così alle società stesse di svolgere la loro attività senza fuoriuscire dai binari della legalità. Infine, viene analizzata la questione riguardante l’utilizzo processuale della segnalazione anonima, poiché anche essa, alla stregua di qualsiasi segnalazione whistleblowing, può portare all’apertura di un procedimento penale a carico dell’ente: la dottrina si interroga sulla ricerca di un possibile bilanciamento degli interessi contrapposti dell’imputato e del whistleblower affinchè sia garantito, da un lato, il diritto di difesa e, dall’altro, il diritto alla riservatezza dell’identità. In conclusione, la tesi si propone di valorizzare una prospettiva di riforma avanzata dalla dottrina in tema di testimonianza anonima dei whistleblowers affinchè essi, senza paura di subire ritorsioni, siano portati a segnalare gli illeciti di cui sono venuti a conoscenza, anche in un’ottica di un raggiungimento complessivo degli obiettivi posti dal d.lgs. n. 231/2001.
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