Riassunto analitico
Il caso Eternit rappresenta una delle vicende più importanti e peculiari della giurisprudenza recente. Il numero di parti offese, la complessa ricostruzione probatoria, l'innovativa impostazione accusatoria, una prescrizione sofferta e la sentenza n. 200/2016 della Corte Costituzionale, risultata centrale riguardo all'eventuale instaurazione di un nuovo processo e al principio del "ne bis in idem", mostrano efficacemente quanto significativo e articolato sia il caso in esame. L'elaborato si pone come obiettivo l'analisi dei due processi, focalizzandosi sui punti più significativi di ciascuno di essi: l'interpretazione dell'art. 434 c.p. e della fattispecie del "disastro" nel Processo Eternit; e la questione di legittimità costituzionale relativa all'art. 649 c.p.p. per contrasto con l'art. 117 Cost. quale parametro interposto dell'art. 4 prot. 7 CEDU, e alla seguente pronuncia della Corte costituzionale precedente al Processo Eternit bis. Per capirne la dimensione, però, è stato necessario anche approfondire quanto abbia inciso questo materiale, l’eternit, composto da amianto, acqua e cemento, sulle comunità ospitanti le varie fabbriche, chiuse verso fine del secolo scorso, della multinazionale produttrice, denominata come il materiale stesso. La Eternit, con i suoi stabilimenti a Casale Monferrato e Cavagnolo in Piemonte, a Bagnoli in Campania, a Rubiera in Emilia-Romagna e a Siracusa in Sicilia, ha realizzato un impero produttivo durante la seconda metà del Novecento. Le caratteristiche funzionali, l’adattabilità di questo materiale e i bassi costi di produzione, ne hanno determinato un utilizzo diffuso e variegato, che ha acuito gli effetti nocivi e mortali che derivano dall’inalazione di esso. Numerose sono state e sono ancora oggi le vittime, sia tra i lavoratori sia tra coloro che semplicemente risiedevano vicino alle fabbriche. Infatti, una delle caratteristiche principali del mesotelioma pleurico, la patologia maggiormente diagnosticata a causa dell’eternit, è la sua latenza. Il paziente dopo averla contratta può subirne gli effetti decenni dopo, e perdere la vita in pochi mesi dopo la sua comparsa. La comunità di Casale Monferrato risulta essere la più colpita da questo dramma. L’epicentro della multinazionale ossia la fabbrica principale, venne infatti costruita nella città piemontese, data la sua vicinanza con il fiume Po e i suoi ottimali collegamenti ferroviari. A Casale Monferrato, ancora oggi, è fortemente presente l’impronta sanguinosa che ha lasciato questa vicenda. La lotta verso la giustizia, però, non si è fermata, e le parole di Nicola Pondrano, sindacalista e cofondatore di AFEVA (Associazione Familiari e Vittime Amianto), mostrano come anche di fronte alla sofferenza e nonostante le numerose famiglie lacerate, il desiderio di non dimenticare le vittime e di non arrendersi, rimanga sempre costante e fermo.
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