Riassunto analitico
Il primo capitolo verte sull’introduzione nel lessico giuridico del concetto di criminalità organizzata, la cui definizione è basata su apporti di materie extra-penali. Di seguito viene descritto il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso di cui all’articolo 416 bis codice penale, e messo a confronto con la fattispecie di associazione a delinquere di cui all’articolo 416 codice penale. Infine vengono descritte le origini e gli elementi strutturali dell’associazione mafiosa ‘Ndrangheta. Il secondo capitolo è incentrato sul minore, e in particolare sul principio del “supremo interesse del minore“ di cui all’articolo tre comma uno della Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, fatto proprio dal nostro ordinamento che si propone di tutelare tutti i diritti fondamentali del soggetto in formazione, in quanto persona umana, al pari di quelli di un soggetto adulto, attraverso la creazione di uno Statuto per i minori. In seguito, viene fatta una breve esposizione delle teorie della cosiddetta devianza minorile, ed in particolare della teoria dell’Associazione Differenziale elaborata dal sociologo Sutherland, il quale ritiene che il comportamento criminale non è innato, ma si apprende con la comunicazione all’interno di gruppi di persone con cui si hanno rapporti interpersonali, proprio come accade nelle famiglie di ‘Ndrangheta, nelle quali l’educazione al crimine della prole è essenziale per la sopravvivenza della famiglia mafiosa. Di seguito, viene esposta la relazione tra crimine e minori, quando questi ultimi vengono coinvolti direttamente in attività criminose, spesso a causa di condotte pregiudizievoli da parte dei propri genitori. Tra le misure applicabili ai minori sottoposti a procedimento penale o a minori il cui genitore ha un comportamento pregiudizievole, di cui agli articoli 25 e 26 del Regio decreto numero 1404/1934, vi sono l’allontanamento dalla famiglia di origine ed il collocamento presso servizi sociali minorili, da un lato criticati
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