Riassunto analitico
La magistratura onoraria, la cui origine risale ad un periodo precedente quello unitario, è passata dal rappresentare un servizio di mero e ancillare supporto all’apparato giudiziario unicamente civilistico, svolto senza pretese remunerative - da qui, appunto, l’accezione onoraria -, al costituire non solo parte integrate ed essenziale del sistema giurisdizionale tanto civile quanto penale, bensì a svolgere anche funzioni di carattere organizzativo all’interno dei tribunali e, specificamente, nell’ufficio per il processo. Ebbene, nonostante l’ampliamento delle competenze e delle funzioni attribuite ai magistrati onorari, le innovazioni normative che si sono registrate (principalmente la L. istitutiva n. 374 del 1991 e l’intervento di riforma organica avvenuto con il D. Lgs. n. 116 del 2017 saranno quelli che verranno esaminati nel presente contributo) non hanno saputo dare effettivo riconoscimento al ruolo svolto dagli stessi, poiché hanno continuato ad abbracciare la tesi dell’onorarietà e della volontarietà del servizio, anziché affrontare la realtà giuridica che li vede, ad oggi, destinatari, a tutti gli effetti, di una ampia fetta del contezioso giudiziario. In ragione del carattere temporaneo dell’incarico - una temporaneità oltretutto solo “di facciata”, stanti le numerosissime proroghe ammesse legislativamente per un incarico che potrebbe avere durata quadriennale ed eventualmente prorogabile una sola volta - e di una procedura d’accesso diversificata rispetto a quella concorsuale prevista costituzionalmente per l’accesso alla magistratura c.d. “togata”, infatti, ingiustificate differenze di trattamento tra i giudici onorari e quelli professionali continuano a permanere in ragione di una esclusione ed estraneità dei primi dal mondo del lavoro e dai diritti da esso discendenti. Il mancato riconoscimento legislativo dello status di “lavoratori” ai giudici onorari rappresenta il cuore della questione che affligge tale categoria e che, con il presente contributo, si è tentato di esporre: partendo da un esame del contesto normativo sarà possibile individuare l’assenza di una tutela piena ed effettiva nei loro confronti di quei diritti che non solo sul piano interno, ma anche su quello euro-unitario ed internazionale, sono generalmente riconosciuti e salvaguardati nel confronti dei lavoratori dipendenti, pubblici o privati. Proprio in ragione della portata dei diritti in gioco, l’intervento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in materia di magistratura onoraria ha rappresentato probabilmente il punto di rottura di un sistema precario ormai da molto tempo: in un clima interno in cui le rivendicazioni degli esponenti della categoria onoraria si registravano sempre più frequentemente, la Corte di Lussemburgo ha individuato talune problematicità nella legislazione italiana, sollecitando quale strada necessaria da percorrere per la loro risoluzione quella del riconoscimento dello status di “lavoratori” in capo ai giudici onorari di pace e ai vice procuratori onorari. Tuttavia, la presenza di limiti costituzionali invalicabili quali quello dell’art. 106 Cost. rendono sicuramente ben più complessa la questione che, nonostante abbia registrato progressi nella giurisprudenza di merito e, in parte, anche in quella costituzionale, non può trovare una sua conclusione senza un intervento legislativo chiarificatore. Che quest'ultimo sia rappresentato dalla recente procedura di stabilizzazione dei giudici onorari in servizio, introdotta con L. n. 234 del 2021, è oggetto di profondi dubbi tanto dottrinali quanto istituzionali - secondo la Commissione europea, che ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano, infatti, quest'ultima previsione normativa non sarebbe comunque sufficiente ad eliminare le conflittualità tra il diritto interno e quello euro-unitario -, motivo per cui la querelle non si ritiene ancora del tutto conclusa.
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