Riassunto analitico
Il progresso tecnologico, fenomeno da sempre inarrestabile, pervade altresì l’ambito del diritto e consente di pensare alla giustizia quale giustizia predittiva. Quest’ultima prende le mosse dalla capacità delle nuove tecnologie di intelligenza artificiale, determinata dalle evoluzioni in atto, di subentrare rispetto alle principali figure processuali nell’amministrazione dello ius dicere. Il significato proprio di “giustizia predittiva” richiama la possibilità di prevedere la giustizia per mezzo di calcoli matematici, in esecuzione di un algoritmo. La predittività in questione poggia, quindi, su un giudizio prognostico fondato sull’opportunità di prevedere la pronuncia del giudice e di tale opportunità si discute in termini probabilistici, o statistici, impiegando gli strumenti forniti dall’informatica applicata al diritto. Le elaborazioni di I.A. si stanno espandendo oltre la semplice gestione tecnica del processo e la portata innovativa di una tale espansione porta con sè criticità significative legate all’ipotesi di utilizzo della tecnica informatica quale strumento di decisione cui deve conformarsi l’agire dei soggetti del processo. Assumendo un approccio di tipo oggettivo rispetto al diritto, la ricerca discuterà in primo luogo in merito alla calcolabilità del ragionamento giuridico e alla possibilità di una sua informatizzazione. In un secondo momento, però, vengono evidenziati quelle che possono definirsi le cause che ostacolano la computabilità del diritto. Tra queste vi rientrano la giurisdizione per principi costituzionali e clausole generali, la globalizzazione ed il peso assunto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la relativa giurisprudenza della Corte di Strasburgo nel sistema delle fonti. Dall’esperienza attuale si apprende che per quanto futuribile ed irrealistica possa ritenersi la sostituzione del giudice con una macchina, ciò non vale ad escluderla. Se da un lato si assiste alla diffusione di strumenti algoritmici il cui ambito di operatività può dirsi ad uno stadio avanzato, dall’altro lato il livello di teorizzazione che questiona il loro utilizzo e le loro implicazioni è agli esordi, così come è alquanto assente una compiuta regolamentazione degli stessi. Gli Stati Uniti registrano già da un decennio episodi in cui si assiste all’impiego di algoritmi predittivi nell’ambito di un processo penale, nell’esperienza giudiziaria nordamericana, infatti, particolarmente diffuso è il ricorso ai risk assessment tools. L’utilizzo di tali strumenti consente di comprendere come nel complesso il ricorso all’automazione in sede decisionale può destare molteplici perplessità, soprattutto in merito alla effettiva imparzialità e neutralità del sistema algoritmico. Alla luce di tali criticità ci si domanda: l’utilizzo di un sistema algoritmico è conforme agli ideali di giustizia? Una risposta a tale quesito non può aversi facilmente, sempre che possa esserci, dato che la mancata trasparenza dei passaggi di cui si compone l’agire artificiale impedisce un qualsiasi tipo di controllo che abbia ad oggetto le ragioni fondanti una decisione automatizzata. Sul piano normativo, dare forma ad una giustizia digitale che possa tutelare le persone o gruppi di persone che ritengono essere stati danneggiati dall’utilizzo di un sistema decisionale automatizzato, si è rivelato un processo tanto lungo quanto complesso. L’approccio principale fino ad oggi assunto, sia sulla scena statunitense che nella realtà europea, si limita a fare affidamento sulla regolamentazione della trasparenza e della responsabilità algoritmica.
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