Riassunto analitico
La necessità di una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, coadiuvata dalla spinta proveniente dalla Unione Europea, ha condotto il legislatore a promuovere una norma che favorisse l'adattamento delle disposizioni normative e contrattuali alle particolari esigenze del territorio e della singola azienda, al fine di fronteggiare la crisi economica ancora incombente. Così, con decretazione d'urgenza, e con rapida conversione in legge, è stata emanata nell'estate del 2011 la normativa sulla contrattazione di prossimità, che pone tra i propri principi basilari quello della sottoscrizione di accordi, con estensione erga omnes, in deroga anche in senso peggiorativo alle disposizioni sia della legge che dei contratti collettivi, ponendosi diversi obiettivi e finalità tra cui quelli di una maggiore occupazione, di stimolo agli investimenti, oltreché per fronteggiare le crisi occupazionali, ponendo quale unico limite “esterno” alle deroghe predette i principi dettati dalla Costituzione e dalle norme comunitarie ed internazionali. E proprio il problema della pretesa estensione erga omnes costituisce uno degli aspetti più controversi della norma; la mancata attuazione dell'art. 39 della Costituzione, e la lacuna di una chiara legge sulla rappresentatività, da sempre osteggiata dai sindacati a motivo di alcuni timori di ingerenze dello stato alla libera organizzazione sindacale, ha generato, e continua a generare, molte perplessità in ordine ai criteri di determinazione delle maggioranze che vantino un mandato a sottoscrivere accordi da estendere alla totalità dei lavoratori dipendenti di un'azienda. Nel tempo sono intervenuti, a colmare questa lacuna, numerosi protocolli ed accordi interconfederali, i cui criteri di determinazione delle maggioranze sembrano, ad una prima stima, essere stati mutuati dalla legge sulla contrattazione di prossimità; si è tentata, a tale scopo, una ricostruzione cronologica dei più significativi accordi tra le parti sociali intervenuti dal 1970 all'attualità. La legge sulla contrattazione di prossimità non ha fatto mancare numerose polemiche provenienti da parte autorevole della dottrina, che ha messo in evidenza come il potere di deroga affidato a sindacati, anche potenzialmente privi di reale rappresentatività, costituisse un serio pericolo alle conquiste giuslavoristiche degli ultimi cinquant'anni; ma vi sono anche state opinioni favorevoli allo spirito della legge, di chi intravedeva la possibilità di una migliore e più flessibile gestione del personale, volta ad una maggiore competitività ed in linea con lo spirito europeista. Le stesse organizzazioni sindacali hanno sempre manifestato la propria ostilità alla norma, arroccandosi su posizioni assai rigide; ed imponendo di fatto alle proprie strutture territoriali, come anche alle rappresentanze aziendali, un divieto di sottoscrizione di accordi di prossimità. Tale vincolo non ha impedito, comunque, che si arrivasse localmente alla sottoscrizione di accordi contenenti ampie deroghe peggiorative rispetto alla legge, prima ancora che ai contratti collettivi, con qualche dubbio di costituzionalità sollevato da più parti, ma mai, finora, con pronunce di illegittimità in tal senso; ed alcuni di questi accordi, solitamente finalizzati al contenimento di possibili crisi occupazionali e del costo del lavoro in generale, sono stati analizzati per individuare possibili censure di costituzionalità, e per valutare la rispondenza ai principi generali della legge.
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