Riassunto analitico
Con l’emanazione della Costituzione si affermava nel nostro ordinamento il principio del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento. (Art. 24 comma 2 Cost.). Affichè questo diritto possa essere tutelato, la persona sottoposta alle indagini dovrebbe avere la possibilità di conoscere in tempi contenuti l’esistenza di un’inchiesta giudiziaria a carico e l’addebito contestato in via provvisoria, in modo tale da preparare una propria strategia difensiva e altresì, compiere investigazioni parallele a quelle espletate dal pubblico ministero. Infatti, una qualsiasi persona sottoposta a un procedimento penale, per avere la possibilità di difendersi provando deve necessariamente conoscere la natura dell’accusa. Con la Legge cost. 23 novembre 1999 il principio di conoscibilità è stato sancito a livello costituzionale (art. 111 comma 3 Cost.) quale diritto che concorre a delineare la fisionomia di un giusto processo. Ciò nonostante, il sistema codicistico non sembra ancora oggi, prevedere istituti e strumenti realmente idonei a rendere certa e indiscriminata, in capo all’indagato, la tempestiva consapevolezza dell’avvio di indagini nei propri confronti e porre lo stesso nella possibilità di operare concretamente ed effettivamente le scelte strategiche difensive più adeguate alla propria situazione. Gli artt. 335 e 369 c.p.p. – che regolamentano i principali canali attraverso cui la persona sottoposta alle indagini può acquisire notizia del procedimento penale a suo carico – anche dopo la riforma introdotta con la Legge 8 agosto 1995 n.332, si sono rivelati inidonei ad assicurare le iniziative della difesa. Al di là del dettato dell’art. 111 comma 3 Cost., lo sforzo del legislatore verso l’individuazione di un equilibrio tra le opposte esigenze è stato, a ben vedere, pressoché impercettibile.
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