Riassunto analitico
Il lavoro minorile è un fenomeno di ampia portata, è perennemente attuale ed articolato, difficile da definire con certezza perché in continuo cambiamento a causa della diversità e della molteplicità di situazioni e di contesti in cui nasce e si sviluppa. Ed è proprio la presenza di culture, situazioni e contesti diversi, congiuntamente alle difficoltà definitorie del fenomeno a rendere il lavoro minorile un tema molto delicato e complesso, difficile da affrontare che non sempre trova risposte e proposte condivise da tutti i Paesi.
Il presente lavoro mira a verificare se esiste un criterio che possa giustificare la liceità del lavoro minorile. La complessità del fenomeno richiede un’analisi approfondita che coinvolge più discipline, anche se in questa sede sarà esaminata sotto il profilo prevalentemente giuridico.
Occorre innanzitutto constatare come il lavoro minorile sia stato oggetto di una vera e propria evoluzione tanto nell’ordinamento giuridico internazionale e comunitario quanto in ambito nazionale. Attraverso un’analisi attenta sulle fonti e un inquadramento storico-legislativo della problematica del lavoro minorile e dell’attività delle Istituzioni coinvolte emerge il passaggio della condizione del minore da “oggetto di diritto” a “persona-soggetto” di diritti dove il riconoscimento del diritto di ascolto ( art. 12 Convenzione internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza del 1989) rappresenta la chiave di volta della soggettività del minore stesso. Nell’analisi del fenomeno del lavoro minorile, uno degli approcci teorici oggetto di studio negli ultimi anni attiene alla differenza tra “child word” e “child labour” volta a delimitare le attività lavorative che dovrebbero essere consentite da quelle che dovrebbero essere proibite per legge ai minori. Si tratta di una distinzione indispensabile che permette agli Stati di promuovere misure conoscitive sul fenomeno, così da mettere in luce le diverse forme con cui il fenomeno prende forma. Accanto allo sfruttamento del lavoro minorile, si pone il lavoro minorile lecito, che presenta anch’esso profili ed esigenze di tutela del minore. Le condizioni e i presupposti per l’instaurazione del rapporto di lavoro devono tenere conto dell’età minima professionale per l’accesso al lavoro, dell’assolvimento dell’obbligo scolastico, della capacità dei minori in materia di lavoro, dell’orario di lavoro e del periodo di riposo nonché del riconoscimento del diritto alla parità retributiva. Nell’esaminare il fenomeno del lavoro minorile e affinché si possa parlare di lavoro minorile lecito è fondamentale focalizzare l’attenzione sulla sicurezza e salute del lavoratore dal punto di vista del minore. A tal proposito il riferimento più autorevole è il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (D.Lgs 81/2008) che insieme a quanto disposto dalla L. n. 977/1967, delinea con precisione il quadro degli attori della sicurezza, datore di lavoro e lavoratore in primis, definendo con precisione il quadro dei rispettivi diritti, obblighi e responsabilità. In questa prospettiva, l’attività di vigilanza e la sorveglianza sanitaria risultano essere due strumenti fondamentali nell’ottica di salvaguardare il lavoro prestato dal minore, generando nuovi stimoli finalizzati alla prevenzione e non solamente alla repressione e applicazione della sanzione in caso di mancato rispetto della normativa. Quando si parla di sicurezza e salute sul lavoro, un ulteriore dettagliato approfondimento deve riguardare il sistema delle sanzioni in relazione al diverso grado di responsabilità di tutte le figure coinvolte nel Servizio di Prevenzione e Protezione aziendale.
Una volta accertato che non si tratta di lavoro sfruttato, l’impiego di manodopera minorile ha perfino valenza positiva se viene pensato, coordinato e inserito in un percorso organico e correttamente disciplinato.
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