Riassunto analitico
L’elaborato intende lumeggiare la “sfuggente” figura dell’eccesso di potere, che pare contraddistinguersi per la sua inafferrabilità accentuata dalla presenza delle ormai infinite manifestazioni, irriducibili entro schemi normativi fissi, nelle quali si concreta. L’obiettivo è perseguito affrontando le numerose implicazioni che tale indefinito vizio, nato in terra d’Oltralpe nell’alveo del diritto amministrativo, reca in seno alle strutture portanti del sistema costituzionale. Sul presupposto che l’ordinamento francese rappresenti un prisma di lettura privilegiato, la prima parte dell’indagine è dedicata alla storicizzazione – anche in lingua francese – della categoria, per saggiarne validità e coerenza alla luce del contesto storico nel quale è nata. L’approccio storico ha indotto ad adottare contemporaneamente il metodo comparatistico, poiché la giurisdizione di legittimità attribuita, in Italia, al Consiglio di Stato dalla riforma del 1889, per quanto più largamente concepita, si ricollega, più che ad ogni altro precedente storico, all’istituto francese del recours pour excès de pouvoir. La tesi prosegue analizzando la figura dell’eccesso di potere nel terreno d’elezione del diritto amministrativo, con particolare riguardo all’aspetto funzionale del vizio di legittimità e a ciò che la sua esistenza presuppone: la discrezionalità dell’attività cui afferisce. A tal proposito sono analizzate, oltre alle principali manifestazioni sintomatiche del vizio, le c.d. teorie della discrezionalità, il discusso istituto, di creazione squisitamente pretoria, della c.d. discrezionalità tecnica della Pubblica Amministrazione, seguito, in ultimo, da un accenno alle due sfere che, prima faciœ, paiono intrecciarsi negli atti amministrativi discrezionali: la sfera della legittimità e quella del merito. Esaurite tali riflessioni, di area propriamente amministrativistica, l’analisi si sposta sul versante costituzionale, in omaggio alla stretta sinergia tra il diritto amministrativo e il diritto costituzionale che il tema scelto sprigiona. Sono ripercorse ed esaminate in chiave critica le tappe che hanno condotto alla creazione – in larga misura, giurisprudenziale – della figura dell’eccesso di potere legislativo. Il suo ingresso, talora velato, nella parte motiva delle pronunce del Giudice delle Leggi ha trovato immediato conforto in certa parte della dottrina costituzionalistica, che si è affrettata ad instaurare un discutibile parallelismo fra il regime del provvedimento amministrativo e il regime dell’atto legislativo, sulla scorta di una generale ricostruzione della categoria concettuale della discrezionalità, nonché del vizio di cui è discorso, sufficientemente ampia da poterlo utilmente collocare, altresì, in area costituzionale. Le due discipline coinvolte, in questo quadro, paiono “richiamarsi” e finanche “sorreggersi” vicendevolmente, collocandosi sulla traiettoria astratta di un “circolo vizioso” in forza del quale, se l’eccesso di potere disvela una genesi tutta amministrativa, quale prodotto della giurisprudenza creativa del Consiglio di Stato, una corretta (perché giuridicamente argomentata) valutazione delle implicazioni ad esso sottese deve necessariamente muovere dai precetti costituzionali, alla formulazione dei quali, d’altronde, hanno a loro volta contribuito la scienza amministrativistica e i suoi rappresentanti. Le considerazioni conclusive intendono vagliare la legittimità della giurisprudenza in materia, in particolare verificando se la Corte costituzionale abbia di fatto superato la lettera dell’art. 28 della legge n. 87 del 1953, giungendo a sindacare gli eccessi del Legislatore, e interrogarsi, più in generale, sull’ammissibilità giuridica di un’attività giurisdizionale creativa di diritto, alla luce dei dettami costituzionali.
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Abstract
The thesis intends shedding light on the “fleeting” figure of excess power, which appears to stand out in terms of its evasiveness accentuated by the presence of the by now endless number of events, irreducible within fixed regulatory outlines, in which it takes on concrete shape. The objective is pursued by addressing the numerous implications which such undefined flaw, born in France and embedded in administrative law, conveys to the supporting structures of the constitutional system.
Starting with the idea that French law represents a prism for the privileged reading, the first part of the investigation is dedicated to the reconstruction – also in French – of the historical features of the category, in order to determine the validity and consistency in the light of the historical context in which it is born. The historical approach has induced to simultaneously adopt the comparative method, because the jurisdiction of legitimacy attributed, in Italy, to the Council of State by the 1889 reform, although more extensively intended, is connected, more than any other historical precedent, to French institute of recours pour excès de pouvoir.
Dissertation continues by analysing the figure of excess power in the elective field of administrative law, with particular attention to the functional aspect of defect of legitimacy and to what its existence presupposes: the discretionary activity to which it relates. For this reason, they are analysed, in addition to the major symptomatic manifestations of the defect, the so-called theories of discretion, the controversial institute, exquisitely praetorian creation, of so-called technical discretion of the Public Administration, followed, finally, by a mention of the two spheres that, prima faciœ, seem intertwined in discretionary administrative acts: the sphere of legitimacy and that of merit.
Such considerations of a specifically administrative nature having come to a close, the analysis shifts to the more specifically constitutional front, as a tribute to the close synergy between administrative law and constitutional law that the theme chosen releases. They are retraced and examined, from a critical viewpoint, the stages which have led to the creation – to a large extent, jurisprudential – of the figure of excess legislative power. Its entry, sometimes concealed, into the motive part of the decisions of the judge called to rule on constitutionality, found immediate solace in part of the constitutionalist doctrine which hastily went on to establish an arguable similarity between the administrative provision regime and the legislative act regime, on the basis of a general reconstruction of the conceptual category of discretionalism, as well as of the procedural error already mentioned, big enough to be able to also usefully collocate it in the constitutional area.
In this context, the two disciplines involved seem to “invoke” and even “support herself” each other, standing on the abstract trajectory of a “vicious circle” whereby, if the excess power reveals a whole administrative genesis, as a product of creative jurisprudence of the State Council, a correct (because legally argued) assessment of the implications underlying it must necessarily move from constitutional precepts, the formulation of which, moreover, have in turn contributed to the administrative law science and its representatives.
The final considerations are intended to verify the legitimacy of jurisprudence on the subject, in particular checking whether the Constitutional Court has in fact exceeded the letter of article 28 of law no. 87 of 1953, going as far as to criticize the excesses of the Legislator, and to interrogate oneself, more in general, on the legal admissibility of a legal creative jurisdictional activity, in the light of constitutional provisions.
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