Riassunto analitico
Il presente elaborato si prefigge l’obiettivo di analizzare il diritto penale del lavoro vigente in Italia, ponendo particolare attenzione alla questione riguardante la difficile individuazione del datore di lavoro all’interno delle organizzazioni complesse. Nel tempo la produzione di norme in materia è stata così massiccia da rendere spesso complicata la comprensione della disciplina. Difatti, il diritto penale del lavoro si è evoluto, prima grazie all’entrata in vigore della Costituzione, poi con l’approvazione di testi unici e, infine, con l’avvento delle discipline comunitarie e internazionali. Inoltre, frequentemente gli articoli a tutela della sicurezza sul lavoro ci forniscono un’imputazione “incompleta”: individuano i comportamenti imposti e quelli vietati, ma non in modo altrettanto agevole il soggetto cui si riferiscono. Al fine di individuare correttamente il soggetto responsabile vi è l’esigenza di conciliare questa “incompletezza” con il principio della personalità della responsabilità penale sancito dall’art. 27, comma 1, della nostra Costituzione. Si tratta di un tema di notevole importanza, soprattutto a seguito di quanto accaduto nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007 nello stabilimento di Torino dell’acciaierie ThyssenKrupp, un incendio in cui persero la vita sette operai. È un caso molto noto soprattutto per la questione relativa alla differenza tra il dolo eventuale e la colpa cosciente, ma che ha anche spinto le Sezioni Unite della Cassazione a intervenire sulla questione dell’individuazione del datore di lavoro all’interno delle organizzazioni complesse in modo articolato. Nelle organizzazioni semplici, normalmente, è agevole individuare chi rivesta tale qualifica, mentre non è sempre così in quelle più complesse. In certe situazioni, difatti, è necessario analizzare in modo accurato la situazione esistente, applicando con attenzione la legge e i principi giurisprudenziali. Infatti, nelle organizzazioni complesse i titolari delle posizioni di vertice si trovano spesso a dover affrontare numerosi obblighi di diversa natura che le normative di settore prevedono a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori in imprese di non scarse dimensioni o comunque dislocate in vari stabilimenti. Talvolta è oggettivamente impossibile che i vertici dell’impresa riescano da soli a adempiere a tutti questi doveri e sono indotti a servirsi di altri soggetti che, all’interno della struttura organizzativa, rivestono posizioni subordinate. Di conseguenza si deve verificare se la distribuzione dei suddetti adempimenti possa incidere in qualche modo sull’individuazione del soggetto che riveste la posizione di garanzia e che quindi è responsabile in caso di violazione degli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Lo studio va effettuato tenendo conto del principio costituzionale di personalità della responsabilità penale ex art. 27, primo comma, Cost., ma anche contrastando eventuali tentativi del vertice di trasferire i suoi compiti verso i “gradini” più bassi dell’organizzazione al solo fine di esimersi dalla responsabilità. Essenziale è non confondere il datore di lavoro “ai fini giuslavoristici” con il datore di lavoro “ai fini prevenzionistici”, in quanto le due figure potrebbero non coincidere nella realtà dell’impresa. Difatti, ai fini giuslavoristici è datore di lavoro il titolare del rapporto di lavoro, mentre ai fini prevenzionistici è datore di lavoro colui che è direttamente responsabile degli adempimenti in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Alcune volte si tratta dello stesso soggetto, soprattutto nelle organizzazioni più semplici, mentre accade spesso, all’interno delle organizzazioni complesse, che i due soggetti siano ben distinti.
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