Riassunto analitico
BACKGROUND E OBIETTIVO
Gli ftalati, potenziali interferenti endocrini, sono adoperati in molti prodotti ad uso quotidiano e sono contaminanti ubiquitari. Dal 1999 le autorità europee hanno emanato numerose regolamentazioni per limitarne l’utilizzo e prevenirne l’esposizione, principalmente verso le popolazioni più suscettibili come i bambini. Questo studio si concentra sul biomonitoraggio dei principali ftalati, sulla valutazione del loro estimated daily intake (EDI) e calcolo del risk assessment, oltre che sui fattori influenti nell’esposizione in una coorte pediatrica italiana.
METODI
Tra il 2019 e 2020 sono state arruolate 188 coppie madre-figlio in uno studio di coorte prospettico all’Ospedale Universitario di Modena (Italia). Sono stati raccolti campioni urinari alla nascita, 3 e 6 mesi e dosate le concentrazioni di 9 metaboliti dei 6 ftalati di più comune utilizzo: Dimetilftalato (DMP), Dietilftalato (DEP), Diisononilftalato (DiNP), Di-n-butilftalato (DnBP), Butilbenzilftalato (BBzP) e Di(2-etilesil)ftalato (DEHP). È stato stimato l’EDI e sono stati calcolati i Risk Quotients (RQ) tramite il Tolerable Daily Intake (TDI), dettati dall’European Food Safety Authority, ottenendo i RQ(TDI), e RQ(RfD-AA) basati sulle dosi di riferimento revisionate per le proprietà antiandrogeniche. Infine sono stati calcolati gli Hazard Index (HI) per valutare l’effetto sinergico di diversi ftalati.
RISULTATI
MEP risulta rilevabile in tutti i campioni analizzati ed è il metabolita presente a livelli più alti, con un trend in aumento nel corso dei mesi di vita. Anche MMP e i metaboliti di DEHP mostrano un pattern in crescita ma vengono riscontrati a dosaggi minori, mentre MnBP, MBzP e i metaboliti del DiNP si rilevano a concentrazioni intermedie e con trend in decrescita. Associazioni significative tra coppie madre-figlio alla nascita sono state riscontrate solamente per alcuni metaboliti, cioè MMP, MEP e MnBP. I livelli nei lattanti a 3 e 6 mesi appaiono invece più strettamente correlati tra loro, suggerendo un’esposizione continuativa a questi composti durante i primi mesi di vita dei bambini. Differenze significative tra i due sessi sono state osservate per un numero limitato di composti ed, in particolare, nei neonati per MMP, a 3 mesi per MEHHP e a 6 mesi per MMP e MBzP. La maggior parte dei valori di EDI e RQTDI calcolati risultano inferiori ai valori di intake e di rischio considerati accettabili. I livelli più elevati sono stati riscontrati per DEP, seguito da DEHP. I neonati mostrano valori maggiori, seguiti da lattanti a 6 mesi di vita. Valori che eccedono i limiti di rischio più restrittivi, calcolabili attraverso RQ(RfD-AA) e HI, sono stati osservati per DEHP o DnBP in un numero maggiore di soggetti, rispettivamente nel 5.5% e 10% dei neonati.
CONCLUSIONI
Nonostante la presenza di strette regolamentazioni da parte dell’Unione Europea nell’utilizzo di molti ftalati, l’esposizione ad essi nei bambini di Modena rimane diffusa e include gli ftalati banditi nei prodotti per la cura del bambino, come DEHP e DnBP. Pochi lattanti eccedono il limite di rischio per effetti antiandrogenici. Inoltre i pattern espositivi sembrano cambiare nel corso dei primi mesi di vita e sembrano esserci differenze tra i due sessi nelle diverse fasce d’età. Questa indagine suggerisce la necessità di individuare e implementare ulteriori misure e interventi di salute pubblica al fine di proteggere efficacemente i sottogruppi della popolazione più sensibili, tra cui i lattanti.
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