Riassunto analitico
Il carcere è sempre stato un argomento scottante, controverso, che divide le coscienze e apre riflessioni molteplici e di varia natura. Esiste un’altra realtà di cui si parla poco, nello specifico la prassi di un carcere dentro al carcere. Questa tesi prova ad essere un approfondimento. Il carcere come luogo di punizione, di isolamento, ma anche di rieducazione. Questo orientamento si è consolidato in modo preponderante tanto da essere divenuto modello ispiratore dei nostri padri costituenti tanto da sugellare nell’articolo 27 il principio secondo cui la pena deve tendere al recupero del reo. La pena si applica sì al reo, ma è diretta anche a tutti i consociati quale monito per orientare i propri comportamenti e quale sistema deterrente per dissuadere dal crimine. Le forme penali non sono fisse e immutabili, risentono dei modelli culturali imperanti in un dato momento storico. Il modo di concepire la sanzione è il prodotto della società, e quella moderna più attenta all’idea del recupero del reo impone di guardare alla pena sotto il profilo educativo. Negli istituti penitenziari esistono confini invisibili, a volte stabiliti dalla legge, altre volte disegnate dalla prassi. Tema del secondo capitolo sono proprio le modalità organizzative e la collocazione dei detenuti all’interno degli istituti di pena che definiscono de facto una logistica del sistema penitenziario centrato sul principio della “classificazione” dei detenuti. L’incolumità del detenuto stesso diventa uno dei criteri utilizzati per definire i circuiti “informali” istituiti al fine di prevenire episodi di aggressioni o sopraffazioni a carico di specifiche categorie di detenuti, quali sex offender, transessuali, collaboratori di giustizia ed ex appartenenti alle forze dell’ordine. Uno dei momenti più importanti per la vita di un detenuto è certamente quello dell’entrata in carcere. Nella terza parte dell’elaborato ci si soffermerà ad analizzare gli elementi normativi hanno regolato il “Servizio Nuovi Giunti” del carcere che si occupa di prevenzione del rischio suicidario ed autolesivo. Negli ultimi anni la situazione carceraria è giunta spesso agli onori della cronaca per vari episodi di suicidio che hanno destato dibattiti ed allarme sociale. Il carcere, e la sua amministrazione, sono una struttura notevolmente complessa che risente, tra gli altri, del clima sociale e politico presente in un determinato momento storico. A livello di opinione pubblica, però, il suo funzionamento è poco conosciuto e spesso viziato da visioni parziali. Uno degli aspetti poco conosciuti è quello di come i detenuti vengono accolti al suo interno e quali sono le tutele sanitarie e psicologiche messe in atto. Ultimo capitolo, ma solo per organizzazione di esposizione, è rappresentato dal tema del volontariato penitenziario. Presupposto fondante è la partecipazione della società al “trattamento” dei detenuti che assume molteplici forme regolamentate dall’ordinamento penitenziario. L’Amministrazione penitenziaria è quindi chiamata a perseguire le finalità istituzionali in collaborazione sia con altre amministrazioni pubbliche che con i privati; particolari approfondimenti sono dedicati alla complessa regolamentazione dei rapporti tra Amministrazione penitenziaria e questi ultimi. Il volontariato penitenziario struttura e organizza il proprio intervento in diversi settori e per tale ragione ultimamente si sta affermando sempre più l’esigenza di una formazione professionale per i volontari; a loro si chiede di svolgere il proprio compito con professionalità, senza improvvisazioni, applicando e osservando con scrupolo il principio di responsabilità.
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