Riassunto analitico
La regolamentazione della disciplina dei licenziamenti collettivi rientra tra le tematiche cui il legislatore europeo ha dedicato più volte le proprie attenzioni. I licenziamenti collettivi vengono collocati tra le materie del mercato interno, di cui si occupa l'art. 26, 1° comma del TFUE, secondo cui "l'Unione adotta le misure destinate all'instaurazione e al funzionamento del mercato interno, conformemente alle disposizioni previste nei trattati" e riprese sia dall'art. 114 del TFUE, il quale afferma che "il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberano secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adottano le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno", che dall'art. 115 del TFUE il quale afferma che "fatto salvo l'articolo 114, il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato interno". In queste norme è evidente un'esigenza di armonizzazione del mercato interno che ha mosso il legislatore ad intervenire in materia di licenziamenti collettivi, sopratutto a partire dagli anni 70', con la direttiva n. 75/129, fino alla direttiva 22 luglio 1998, n. 98/59, che ha riordinato le precedenti disposizioni legislative in un unico testo tuttora in vigore. In aggiunta, un altro punto da tenere in considerazione, nella tematica dei licenziamenti collettivi, riguarda il diritto dei lavoratori ad essere tutalati e a vedere riconosciuti i propri diritti e questo lo si può evincere prendendo in considerazione l'art. 52, 1° comma, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea secondo cui "eventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui". Fatte tali premesse, occorre dire che la presente trattazione si incentra, in primo luogo, sull'evoluzione della normativa in materia di licenziamenti collettivi, partendo dalla direttiva 17 febbraio 1975, n. 75/129, passando per il successivo intervento europeo in materia che aveva portato alla direttiva 24 giugno 1992, n. 92/56, per arrivare poi alla normativa attuale in materia, data dalla direttiva 20 luglio 1998, n. 98/59, che ha chiarito e codificato in un unico testo le direttive precedenti. Le prime due direttive saranno oggetto di trattazione del primo capitolo, incentrato sull'evoluzione legislativa compiuta dal legislatore europeo, a partire dal Trattato di Roma del 1975 sino agli anni 90. La direttiva n. 98/59 è, invece, oggetto della trattazione del secondo capitolo, analizzata in ogni sua singola disposizione, anche tramite l'ausilio di importanti enunciati della Corte di giustizia. Proprio la Corte di giustizia ha dato significativi apporti all'applicazione della disciplina dei licenziamenti collettivi, risolvendo varie questioni, alcune delle quali saranno oggetto di specifica trattazione nel terzo capitolo. Terzo capitolo che presenta, appunto, l'intenzione di mettere in evidenza questo importante ruolo svolto dalla Corte.
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