Riassunto analitico
La tesi tratta il tema del potere estero delle Regioni italiane, argomento su cui si è spesso confrontata la dottrina nonché la giurisprudenza costituzionale. Nell’ originario testo costituzionale non si fa alcuna menzione circa un potere estero regionale, essendo la politica estera di esclusiva competenza statale. Nel 1970, con l’istituzione delle Regioni ordinarie, esse cominciano a sviluppare timide attività internazionali con l’estero, dando vita a conflitti con lo Stato, il quale rivendicava la propria potestà esclusiva in materia, sempre supportato dalla giurisprudenza costituzionale. Con la pubblicazione del DPR 616/1977, facente parte di un insieme di decreti finalizzati a trasferire competenze alle Regioni, si consente per la prima volta alle stesse di svolgere “attività promozionali” all’estero, previa intesa con il Governo, e di realizzare, dal punto di vista amministrativo, l’applicazione dei Regolamenti e Direttive comunitarie, nel rispetto dei principi generali determinati da leggi statali. Negli anni ’80 e prima metà degli anni ’90 la dottrina rivolge maggiori attenzioni al “potere estero” regionale aprendo spiragli verso un suo concreto riconoscimento. Nella stessa direzione si muove la Corte Costituzionale, che con la sentenza n.179 del1987 chiarisce che le Regioni sono legittimate a svolgere attività estere nelle proprie materie, stabilendo che esse devono essere sottoposte a controllo governativo consistente nella “previa intesa” in caso di “attività promozionali” , o nel “previo assenso” in caso di “attività di mero rilievo internazionale” e che non si devono determinare obblighi internazionali a carico dello Stato. Pochi anni dopo, viene pubblicato il DPR 31 marzo 1994 che recepisce quanto espresso dalla Consulta e dalla dottrina sulla tematica, e regolamenta inoltre il ruolo delle Regioni con l’Unione Europea (U.E.) conformemente al Trattato di Maastricht. L’evoluzione normativa sul tema culmina con la Legge costituzionale n.3 del 2001, la quale introduce un quadro istituzionale più vicino ad un’ottica federalista, con maggiore autonomia per le Regioni su diverse tematiche, tra cui i rapporti internazionali. La riforma, pur ribadendo che la politica estera rimane di competenza esclusiva statale, riconosce un “potere estero” regionale, in particolare prevedendo un vero “treaty making power”, cioè la possibilità per le Regioni di stipulare accordi con Stati ed intese con enti sub-statali esteri, pur nel rispetto delle forme e dei casi disciplinati da leggi dello Stato. La legge n. 3 del 2001 riconosce alle Regioni un ruolo anche nella formazione del diritto comunitario e non più solo nell’attuazione dello stesso. La disciplina sul potere estero regionale si completa con la legge n.131 del 2003, definita legge “La Loggia”, attuativa della riforma Costituzionale, che va a definire con maggior chiarezza le procedure attinenti il “potere estero” regionale e le modalità di controllo statale. Pur non trattandosi strettamente di “potere estero”, importante è il ruolo delle Regioni nel Diritto comunitario, consolidatosi negli anni anche attraverso l’istituzione in seno all’U.E.del “Comitato delle Regioni”, con ruolo consultivo. Esso si esplica sia nella cosiddetta “fase ascendente” cioè l’elaborazione delle norme dell’U.E, specie attraverso la Conferenza Stato-Regioni, sia nella fase discendente, cioè l’attuazione e l’applicazione di Regolamenti e Direttive dell’U.E. Tali attività sono regolamentate, nei rapporti fra Stato e Regioni, attraverso la legge n. 234 del 2012. Nella parte finale dell’elaborato viene trattata, in ottica comparata con l’ordinamento italiano, la situazione del potere estero in alcune Regioni della Unione Europea, quali Germania, Austria, Belgio e Spagna.
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