Riassunto analitico
La Polizia ha una storia che affonda le sue radici in epoche antiche, ma la più moderna accezione dell’organismo risale al 1814, quando le Regie Patenti emanate nel Regno di Sardegna istituirono la “Direzione del Buon Governo”, una amministrazione unica, dotata di potestà di polizia, nonché di funzioni amministrative e giudiziarie, che sotto la regia politica del Ministero della Guerra e della Marina, venivano delegate ai Governatori e ai Comandanti militari, coadiuvati nel momento esecutivo dai Reali Carabinieri, anch’essi nati con lo stesso provvedimento. Dal 1847 la gestione della Pubblica Sicurezza passò al Ministero dell'Interno con la Direzione di Polizia, alla quale succedette l’anno dopo, in concomitanza con l’introduzione dello Statuto Albertino e su disposizione dello stesso Re, coadiuvato dal ministro Pier Dionigi Pinelli, l'Amministrazione della Pubblica Sicurezza. Non era un semplice cambio di denominazione: l’utilizzo del termine “Pubblica Sicurezza” si configurò come una manovra volta, da un lato a superare i sentimenti di ostilità sociale che accompagnavano da anni il termine “Polizia” e dall'altro lato ad evidenziare l’importanza del rispetto delle leggi e delle regole civili. Si giunse così alla nascita di un’organizzazione di Polizia che costituì uno dei primi modelli europei all’epoca organizzati militarmente e il cui ordinamento rimase in vigore anche dopo la nascita del Regno d'Italia: il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza fu istituito nel 1852 da Re Carlo Alberto nel Regno di Sardegna e aveva come finalità istituzionali il mantenimento dell’ordine pubblico e la persecuzione dei criminali. Per quasi mezzo secolo il sistema di Pubblica Sicurezza subì scosse di assestamento, ma dall’inizio del Novecento in poi si registrò un progressivo declino della società liberale, fino a giungere al termine della Prima Guerra Mondiale, la quale lasciò in eredità conflitti interni che imposero la previsione di una polizia integrata alle Forze Armate dello Stato. In risposta nacque la Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza, che dal 1919 prese il posto delle Guardie di Città e venne affiancata dal nuovo Corpo degli Agenti d’Investigazione. Il Governo fascista nel 1922, nell’ottica di una progressiva centralizzazione, sciolse d’autorità entrambi gli organismi, integrandone il personale nel ruolo specializzato dei Regi Carabinieri, salvo poi pochi anni dopo affiancare ad essi il nuovo Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza. L’assetto rimase inalterato per l’intero Ventennio, pur integrato da altri organismi di polizia idonei a rispondere alle esigenze del Regime, come fu la P.A.I. nei territori dell'Impero, fino a quando nel 1944 tutto questi organismi frammentati confluirono nel Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza. Anche la Polizia Repubblicana, che operò nel breve periodo della Repubblica Sociale Italiana, transitò nel neonato Corpo. Con la nascita della Repubblica Italiana, la Polizia si trovò ad affrontare difficoltà schiaccianti, anche per le continue pressioni a cui erano sottoposti in merito alla loro adeguatezza a conformarsi alle istituzioni repubblicane, provenendo essi direttamente dall’autoritarismo fascista. Un sentiero tortuoso, quindi, costellato di importanti mutamenti sia sociali che storici, ai quali la polizia ha, di volta in volta, cercato di adattarsi per poter costituire, mutando compiti e ordinamenti, un sempre nuovo e funzionale caposaldo di legalità.
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