Riassunto analitico
L’attuale conformazione dell’Italia come stato regionale si è creata dopo un percorso storico travagliato iniziato con l’unificazione nazionale. Tra i politici dell’epoca si accese il dibattito sulla conformazione da attribuire al nuovo stato e furono proposte sia la struttura federalista sia il modello di regionalismo, per il quale venne presentato anche un progetto di legge che venne però respinto in sede parlamentare. Si preferì il modello di piemontizzazione della nazione, al quale però si contrapponeva la problematica del Sud Italia e ciò riaccese il dibattito sulla creazione delle Regioni. Dopo il primo conflitto mondiale assistiamo a interventi a favore del regionalismo, ma con l’avvento del Fascismo si ebbe un’interruzione e iniziò la politica dell’italianizzazione, che interessò territori coincidenti con le attuali Regioni differenziate, in particolare il Trentino-Alto Adige. Nel peridio transitorio, vi fu l’emanazione dei primi atti a favore delle attuali Regioni differenziate e alla nascita della prima Regione d’Italia ossia la Sicilia dotata di un proprio Statuto. Singolare era la situazione del Trentino caratterizzato dalla presenza di minoranze linguistiche e una parziale soluzione trovò attuazione in sede internazionale con l’accordo De Gasperi-Gruber, a cui però seguirono proteste che portarono la questione all’ONU, per trovare una completa risoluzione con il Pacchetto del 1969. Il problema dell’assetto istituzionale fu uno dei punti dei programmi dei partiti e della dottrina dell’Italia post-bellica, ma non mancarono posizioni federaliste. Con la Costituzione il regionalismo venne attuato per le quattro Regioni indicate nell’originario art. 116, mentre per il Friuli-Venezia Giulia, caratterizzato dalla questione triestina, venne dedicata la X disposizione finale. Furono approvati gli Statuti delle quattro Regioni, ma data la velocità non mancarono problemi di attuazione di tali enti. Particolare è la disciplina prevista per la modifica degli statuti speciali. Gli ambiti di autonomia delle Regioni a Statuto speciale riguardano: l’ambito organizzativo e l’ambito delle competenze e con la riforma del Titolo V della Cost. si è introdotta la clausola di equiparazione. Per le loro competenze le Regioni differenziate sono tenute al rispetto di vari vincoli. Nell’ambito dei rapporti con lo Stato viene poi riconosciuta la partecipazione dei Presidenti delle Regioni speciali e delle Province autonome alle sedute del Consiglio dei Ministri, inoltre è previsto che al procedimento di adozione di decreti legislativi di attuazione degli statuti, partecipino anche le Regioni differenziate mediante una Commissione paritetica. Singolare è il regime finanziario delle Regioni a Statuto speciale, disciplinato all’interno degli Statuti, con il caso particolare della Regione Sicilia, la quale aveva anche mantenuto fino al 2014 l’istituto del Commissariato dello Stato. Collegate al regime finanziario sono l’autonomia contabile e di bilancio, e la disciplina per l’accertamento e riscossione dei tributi. Le caratteristiche principali delle regioni a Statuto speciale, rispetto alle Regioni ordinarie, consistono sia in più ampie competenze e sia in un più favorevole regime finanziario. Si è assistito a molte iniziative Comunali di distacco dalla Regione ordinaria di appartenenza per aggregarsi alla Regione a Statuto speciale confinante. Tale procedimento di trasmigrazione era stato previsto nell’art. 132, c. 2 della Cost. disponendo una disciplina per la sua attuazione, che è stata oggetto di interventi legislativi, di proteste e di contrasti risolti, parzialmente e dalla Corte Cost. I casi di trasmigrazione hanno interessato Comuni dei territori confinanti con la Regioni speciali e non è mancata la richiesta proveniente da una provincia.
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