Riassunto analitico
Il reddito minimo garantito, come sostegno alla povertà, non è certo un tema nuovo, eppure nel nostro paese è stato, da alcuni, criticato in quanto incompatibile con un’economia di mercato, giacché si tende spesso a pensare che dare semplicemente soldi renda la gente pigra. Tuttavia non è così facile vivere secondo queste leggi di mercato, in un’economia in cui il legame indissolubile tra reddito e lavoro assume sempre più i tratti di una grottesca farsa ideologica. I passi in avanti del mondo corrispondono alla completa dematerializzazione dell’attività economica e del mercato: non esiste più un luogo preciso per “fare economia”. In un contesto come quello appena descritto, nel quale il termine “confine” ha sempre meno significato, la sfida deve partire proprio dall’Europa. Già nel 1992 la Commissione Europea definiva il reddito minimo garantito come un diritto sociale fondamentale, invitando gli Stati membri a dotarsi di schemi legislativi per garantire tale pretesa. Oggi non sussiste più alcun dubbio che il reddito minimo garantito costituisca un fundamental right alla luce dell’ art.34 terzo comma della Carta dei diritti Ue “al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’Unione riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti...“ Per l’Italia, rimasta indietro insieme alla Grecia, la prova è più ardua, con un sistema di welfare troppo arretrato rispetto al resto degli stati membri e ai tempi che stiamo vivendo. Le caratteristiche del nostro sistema di welfare e le politiche di assistenza realizzate rendono il nostro paese, uno dei meno attrezzati istituzionalmente a far fronte ai problemi sociali. La frammentarietà delle politiche di contrasto alla povertà, con l’assenza di un disegno istituzionale complessivo diretto al mantenimento del reddito in condizioni di bisogno, ha portato ad un contesto troppo lacunoso. La crisi ha messo a nudo le carenze di un sistema di protezione sociale incapace di offrire tutele adeguate ai soggetti più esposti ai rischi di esclusione sociale come: giovani, lavoratori precari e quelli che vengono espulsi dal mercato del lavoro o che non vi sono mai entrati ufficialmente.
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