Riassunto analitico
L'insieme dei comportamenti che configurano il c.d. illecito endofamiliare, ovverosia i turbamenti e le sofferenze subite da un coniuge a causa del comportamento dell'altro, del figlio o di un familiare, di un genitore o di un prossimo congiunto, sono stati ricondotti all'area del danno alla persona, in particolare del danno esistenziale, diverso da quello biologico e morale. La categoria del danno esistenziale è stata costruita per sopperire allo schematismo del sistema tradizionale, caratterizzato dalla presenza del danno biologico (che si connota per la sua matrice medico - legale) e del danno morale (che si contraddistingue per la stretta connessione alle ipotesi tipiche di reato alle quali era circoscritto). Il c.d. danno esistenziale viene tradizionalmente definito come "ingiusta lesione alle attività realizzatrici, alle abitudini di vita e agli assetti relazionali della persona" e si concreta nelle conseguenze negative che un illecito extracontrattuale ex art. 2043 c.c. o un inadempimento contrattuale ex art. 1218 c.c. hanno avuto sulla sfera delle relazioni sociali, umane ed affettive di un soggetto. In dottrina, si specifica che tale danno corrisponde ad una lesione del fare areddituale del soggetto: il pregiudizio avviene nella sfera non patrimoniale dell’individuo, il quale si vede imporre il divieto di fare qualcosa oppure viene costretto a fare diversamente. Questa costrizione comporta scelte dagli effetti negativi per lo sviluppo umano e sociale del soggetto, andando così a intaccare le sue possibili azioni o relazioni esterne. Il giudice determinerà in via equitativa l'indennizzo, che andrà a ristorare un interesse non patrimoniale dell'individuo, costituzionalmente qualificato e protetto. Ma il danno esistenziale è solo una delle tre voci che compongono la più ampia categoria del danno non patrimoniale, in quanto le altre due sono quelle del c.d. danno morale e del c.d. danno biologico. Il danno morale rappresenta uno dei pregiudizi che possono essere causati dai comportamenti illegittimi e lesivi del datore di lavoro e che possono incidere sul normale corso della vita lavorativa. Esso è definito dalla giurisprudenza come "ingiusto turbamento dello stato d'animo del danneggiato o patema d'animo o stato d'angoscia transeunte generato dall'illecito". Il dolore intimo sofferto in questa ipotesi (come ad esempio quello della persona diffamata o lesa nell'identità personale) non deve degenerare in patologie cliniche lesive del diritto alla salute del lavoratore, poiché in tal caso si configurerebbe un altro tipo di danno, che è quello biologico. Ma possono comunque presentarsi entrambi.
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