Riassunto analitico
Negli ultimi anni, lo scenario mondiale è stato influenzato da due fattori principali. In primis la globalizzazione, ovvero la costante spinta verso l’unificazione dei mercati: un processo ormai in atto da oltre un ventennio, ma ancora in forte crescita grazie al contributo dei paesi emergenti. In secondo luogo, la crisi finanziaria, iniziata in America nel 2008 e della quale ancora oggi se ne scontano gli effetti: complice proprio la globalizzazione, essa è riuscita a destabilizzare tutte le economie nazionali, specialmente quelle dei paesi sviluppati. In un simile contesto ambientale, le imprese sono inevitabilmente costrette a rielaborare il proprio posizionamento al fine di ottenere un vantaggio competitivo più stabile e duraturo. Per le imprese italiane risulta, quindi, fondamentale una ridefinizione delle proprie strategie d’internazionalizzazione insieme ad una diversa modalità di selezione dei mercati: in tale contesto, esse dovranno tenere presente che l’individuazione dei paesi esteri e la scelta delle modalità d’espansione in tali mercati rappresentano le decisioni più critiche che un’impresa si trovi ad affrontare. Tra i possibili mercati di sbocco disponibili si è ritenuto opportuno analizzare quello cinese. Il ruolo della Cina nell’economia globale, infatti, non può più essere disegnato attorno ai fattori che l’hanno caratterizzato per lungo tempo, vale a dire il basso costo del lavoro ed il modello di sviluppo economico orientato alle esportazioni. La crescita dei settori ad alta tecnologia e lo sviluppo del capitale umano sono diventati la priorità nell’agenda del governo cinese, che con una politica monetaria e fiscale espansiva, con gli stimoli agli investimenti infrastrutturali ed il sostegno alla domanda interna, ha aiutato l’economia del paese durante la crisi. Il governo cinese, infatti, ha affrontato la burrasca economica globale tenendo fede ad un paradigma della propria tradizione che vede nelle crisi delle opportunità: il Paese è riuscito, infatti, a mantenere un robusto tasso di crescita - 7,8% nel 2012, ma anche a gettare le basi della transizione verso una fase di sviluppo più matura, trainata dal consumo interno e non più solamente dalle esportazioni. Sembra essere definitivamente giunto il momento, quindi, di abbandonare la vecchia dicotomia interpretativa - la Cina come minaccia o come opportunità – e di iniziare a pensare sempre più a tale nazione come ad un partner. Questo perché al rallentamento dell’interscambio mondiale, il paese del dragone ha reagito trasformandosi da “fabbrica del mondo” a mercato di sbocco, soprattutto grazie all’affermarsi di una classe media in grado di esprimere, per gusti e capacità di spesa, un domanda potenziale che può essere soddisfatta dal made in Italy. Se nei mercati tradizionali gli spazi competitivi sono pressoché saturi, le prospettive in Cina sembrano molto promettenti; occorre, però, investire con determinazione e continuità in questo mercato che non è certo facile ma che può riservare grandi soddisfazioni a chi fa dell’eccellenza tecnologica, della creatività, della tradizione nella innovazione, del gusto e dell’eleganza la propria ragione. In questo non vi è dubbio che le imprese italiane, ed in particolare le PMI, sono maestri ed i Cinesi l’hanno capito.
Il lavoro di tesi si sviluppa seguendo un percorso logico che va dal generale al particolare. La prima parte (capitoli 1 e 2) cercherà di fornire un quadro di riferimento teorico del processo d’internazionalizzazione, mentre nella seconda, dopo una analisi delle caratteristiche del paese del dragone e dei rapporti con l’Italia (capitolo 3) l’attenzione si focalizzerà su un importante leva operativa del marketing internazionale: la brand name strategy (capitolo 4).
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