Riassunto analitico
La globalizzazione e la rapida evoluzione tecnologica hanno significativamente modificato il mondo del lavoro. A seguito della crisi dell'economia italiana iniziata nel corso del 2008 e negli anni successivi, sono nate nuove forme di lavoro rispetto al lavoro dipendente. Ad esempio la categoria del lavoro autonomo, che non prevede un rapporto di subordinazione, ha varie sfaccettature, dalle attività che prevedono un’alta conoscenza specialistica, come ad esempio le nuove attività legate al digitale, sino al lavoro indipendente abilitato da piattaforme digitali specializzate nella gestione dell’incontro tra domanda e offerta, come Uber, Foodora, Deliveroo, ecc.). Da una parte vi è il vantaggio che i lavoratori possono aderire senza particolari vincoli, decidendo liberamente tempi e luoghi, dall’altra viene rilevato che i lavoratori vi aderiscono per la necessità di integrare i propri bassi guadagni o perché sono esclusi, per le più disparate ragioni, dal mondo del lavoro. Vi è stata inoltre l’introduzione del lavoro agile o smart, che permette una serie di pratiche organizzative che allentano il vincolo della presenza fisica nella sede aziendale a favore dello svolgimento dell’attività lavorativa in luogo esterno da essa. Un aspetto che prevale entusiasticamente di questa modalità di lavoro è il bilanciamento fra la vita lavorativa e la vita personale. Il venir meno del vincolo della co-presenza e dell’orario standard suggerisce modalità di coordinamento diverse ed anche logiche legate alla reciprocità e alla responsabilizzazione nonché alla capacità di ottenere risultati. Il lavoro viene ridefinito, appunto, con l’unico vincolo di portare risultati concreti. Con l’accelerazione dell’evoluzione tecnologica le imprese tendono altresì, ad escludere nel proprio processo produttivo, strutture manageriali tradizionalmente rigide a favore di logiche più agili e a costi più bassi. Alla luce di questi nuovi modelli si vuole ridefinire il concetto per cui il lavoro “subordinato/dipendente” inteso nella sua accezione più standardizzata, deve evolvere nella più rinnovata esigenza di compatibilità con i valori attualizzati, espressi dall’economia, dal mercato e dall’impresa. Dovendosi il mondo del lavoro riallineare alle esigenze dell’innovazione tecnologica e delle nuove forme economiche digitali, i riferimenti basilari del diritto del lavoro sono risultate scardinate rispetto alle tutele lavorative, e il confine tra subordinazione ed autonomia è diventato sempre più incerto. La dottrina ha teorizzato di affrontare da un punto di vista legislativo (non solo nazionale, ma anche europeo) il tema del lavoro “economicamente dipendente”, concetto che accomuna il lavoro subordinato e (parte di) quello autonomo, qualificando una categoria “sovratipica” di rapporti di lavoro la cui inclusione nell’orizzonte regolativo del diritto del lavoro, si giustifica sia in una logica selettiva (giacché si riferisce ad un particolare gruppo sociale che esprime bisogni specifici di tutela) sia in una direzione universalistica (in quanto espande lo spettro di azione del diritto del lavoro, o di parte di esso, a categorie addizionali di prestatori) . Si tratta di una prospettazione che deve essere interpretata nell’ambito di una nuova visione dei valori di solidarietà, equità e giustizia sociale che informano gli obiettivi regolativi del sistema giuslavoristico.
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Abstract
La globalizzazione e la rapida evoluzione tecnologica hanno significativamente modificato il mondo del lavoro.
A seguito della crisi dell'economia italiana iniziata nel corso del 2008 e negli anni successivi, sono nate nuove forme di lavoro rispetto al lavoro dipendente.
Ad esempio la categoria del lavoro autonomo, che non prevede un rapporto di subordinazione, ha varie sfaccettature, dalle attività che prevedono un’alta conoscenza specialistica, come ad esempio le nuove attività legate al digitale, sino al lavoro indipendente abilitato da piattaforme digitali specializzate nella gestione dell’incontro tra domanda e offerta, come Uber, Foodora, Deliveroo, ecc.).
Da una parte vi è il vantaggio che i lavoratori possono aderire senza particolari vincoli, decidendo liberamente tempi e luoghi, dall’altra viene rilevato che i lavoratori vi aderiscono per la necessità di integrare i propri bassi guadagni o perché sono esclusi, per le più disparate ragioni, dal mondo del lavoro.
Vi è stata inoltre l’introduzione del lavoro agile o smart, che permette una serie di pratiche organizzative che allentano il vincolo della presenza fisica nella sede aziendale a favore dello svolgimento dell’attività lavorativa in luogo esterno da essa.
Un aspetto che prevale entusiasticamente di questa modalità di lavoro è il bilanciamento fra la vita lavorativa e la vita personale.
Il venir meno del vincolo della co-presenza e dell’orario standard suggerisce modalità di coordinamento diverse ed anche logiche legate alla reciprocità e alla responsabilizzazione nonché alla capacità di ottenere risultati. Il lavoro viene ridefinito, appunto, con l’unico vincolo di portare risultati concreti.
Con l’accelerazione dell’evoluzione tecnologica le imprese tendono altresì, ad escludere nel proprio processo produttivo, strutture manageriali tradizionalmente rigide a favore di logiche più agili e a costi più bassi.
Alla luce di questi nuovi modelli si vuole ridefinire il concetto per cui il lavoro “subordinato/dipendente” inteso nella sua accezione più standardizzata, deve evolvere nella più rinnovata esigenza di compatibilità con i valori attualizzati, espressi dall’economia, dal mercato e dall’impresa.
Dovendosi il mondo del lavoro riallineare alle esigenze dell’innovazione tecnologica e delle nuove forme economiche digitali, i riferimenti basilari del diritto del lavoro sono risultate scardinate rispetto alle tutele lavorative, e il confine tra subordinazione ed autonomia è diventato sempre più incerto.
La dottrina ha teorizzato di affrontare da un punto di vista legislativo (non solo nazionale, ma anche europeo) il tema del lavoro “economicamente dipendente”, concetto che accomuna il lavoro subordinato e (parte di) quello autonomo, qualificando una categoria “sovratipica” di rapporti di lavoro la cui inclusione nell’orizzonte regolativo del diritto del lavoro, si giustifica sia in una logica selettiva (giacché si riferisce ad un particolare gruppo sociale che esprime bisogni specifici di tutela) sia in una direzione universalistica (in quanto espande lo spettro di azione del diritto del lavoro, o di parte di esso, a categorie addizionali di prestatori) . Si tratta di una prospettazione che deve essere interpretata nell’ambito di una nuova visione dei valori di solidarietà, equità e giustizia sociale che informano gli obiettivi regolativi del sistema giuslavoristico.
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