Riassunto analitico
Nella società contemporanea, spesso le persone sono costrette a consumare almeno un pasto fuori casa per svariate ragioni. In questo contesto si inseriscono perfettamente i prodotti “Ready to eat”, cioè letteralmente “Pronti da mangiare”, che permettono agli utenti di mangiare alimenti sani e controllati anche in contesti differenti da quello domestico. Proprio per queste loro caratteristiche però i prodotti “Ready to eat” richiedono durante la loro preparazione grande attenzione da parte dell’operatore del settore alimentare, al fine di non incorrere nella notifica di importanti sanzioni amministrative e penali. Nel processo di preparazione di questa tipologia di alimenti è possibile incorrere in varie contaminazioni batteriche, anche patogeni per l'uomo. Questo può accadere sia per la presenza pregressa del microrganismo nelle materie prime, sia per la manipolazione degli ingredienti da parte degli operatori. Durante il periodo che va dall'immissione in commercio all' acquisto, la maggior parte dei prodotti RTE, che solitamente hanno una lunga durata di conservazione, vengono conservati a basse temperature impedendo alla maggior parte dei microrganismi di moltiplicarsi in maniera esponenziale. Sono stati analizzati 12 tipi di sandwiches, in un primo step per valutare la carica batterica presente; nel secondo step abbiamo eseguito la ricerca di Staphylococchi, Listeria e batteri Gram-negativi, per valutare la presenza di alcuni fattori di virulenza e la sensibilità/resistenza a diversi antibiotici. La ricerca condotta su 12 sandwiches ha permesso, quindi, di isolare differenti specie batteriche sia dai campioni in toto che dai singoli ingredienti. La carica batterica totale riscontrata sul terreno non selettivo TSA varia dai 104 UFC/gr ai 106 UFC/gr per i sandwiches più lavorati, cioè quelli che presentano più ingredienti (carni, salse e verdure di diverse tipologie) e che risultano essere i più manipolati. La procedura di identificazione ha dimostrato ulteriormente quanto già emerso durante la fase di isolamento. E’ stata eseguita una determinazione della MCI, utilizzando le linee guida dell’EUCAST I risultati delle MIC hanno rilevato che 10 ceppi di Listeria erano sensibili all’ Eritromicina e Tetraciclina mentre risultavano resistenti all’Ampicillina. Le 6 specie di Acinetobacter erano risultati sensibili sia all’Amikacina che alla Ciprofloxacina mentre 4 ceppi risultavano resistenti agli antibiotici beta-lattamici. Il C. freundii risultava sensibile a tutti gli antibiotici usati. L’identificazione dei ceppi che hanno mostrato un’antibiotico-resistenza è stata condotta tramite PCR La presenza nei prodotti di alcuni ceppi è principalmente da ricondurre a fenomeni di deterioramento o di fermentazione/lievitazione. Tali ceppi non favoriscono necessariamente l’insorgenza di una patologia, anche se, tale fenomeno è molto più probabile in soggetti a rischio, ad esempio: bambini, anziani e immunodepressi. Listeria ivanovii, di solito associata a contaminazione nei ruminanti, è stata isolata in alcuni alimenti, come il pomodoro. Ragion per cui è fondamentale un miglioramento delle condizioni igieniche durante la lavorazione o nella scelta delle materie prime. È importante il rispetto delle buone pratiche di lavorazione per portare al minimo la possibile contaminazione. Alcuni ceppi di Staphylococcus Aureus hanno mostrato una marcata resistenza all’antibiotico Oxaciclina, il che renderebbe difficile trovare una terapia sostitutiva in caso di tossinfezione alimentare. Per concludere, i dati raccolti indicano la presenza di possibili mancanze igieniche nella catena di produzione di alcuni prodotti esaminati. Risultano quindi di fondamentale importanza la sorveglianza e i controlli, sia durante la lavorazione dell'alimento, che durante la sua commercializzazione, per scongiurare la possibilità di introduzione di batteri patogeni multiresistenti.
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