Riassunto analitico
La tesi di laurea proposta si pone l'obbiettivo di indagare l'istituto dell'imputabilità e delle diverse cause di esclusione della stessa, alla luce delle più recenti acquisizioni scientifiche. Nondimeno, infatti, l'imputabilità rappresenta, da secoli, una delle categorie di diritto penale maggiormente discusse da parte tanto della dottrina quanto della giurisprudenza posto che sono stati diversi i dubbi e le critiche sollevate nel corso del tempo in merito alle cause idonee a determinarne la riduzione e/o l'esclusione. Invero, le perplessità maggiori interessano gli artt. 88 e 89 c.p. in materia di vizio di mente giuridicamente rilevante ai fini della compromissione, totale o parziale, della capacità di intendere e di volere quale requisito necessario e imprescindibile dell'imputabilità. La categoria summenzionata ha costituito l'oggetto di numerosi dibattiti tanto nelle scienze medico-psichiatriche quant'anche in quelle giuridiche in considerazione dell'incertezza e della dubbia chiave di lettura legata al termine di infermità. Si consideri infatti che il concetto di "infermità", per quanto storicamente consolidato dal momento che il diritto romano stesso soleva fare esplicito riferimento al termine predetto per identificare una specifica categoria di soggetti ritenuti, proprio in virtù della qualifica di "infirmus", incapaci di intendere e di volere, ha ricevuto nel tempo accezioni terminologiche e dimensionali diverse fra loro quanto a fondamento e conseguenze, tanto sul piano medico e psichiatrico quant'anche giuridico, a seconda del modello preso a riferimento. Posto quanto detto, si é resa necessaria la collaborazione attiva fra scienze giuridiche e sociali, un intreccio di saperi, competenze e strumenti orientato nella direzione di un inquadramento pressoché unanime del concetto di malattia e, quindi, di infermità giuridicamente rilevante ai sensi degli articoli 88 e 89 c.p. di cui sopra. In particolar modo, considerata la varietà di disturbi, anomalie e devianze potenzialmente qualificabili secondo i termini predetti, una maggiore attenzione sarà riservata ad una particolare categoria di disturbi; In primis, invero, l'elaborato passerà al vaglio la capacità dei disturbi di personalità di essere ricompresi nell'alveo dei vizi idonei a determinare una compromissione della capacità di intendere e di volere del singolo, con conseguente pregiudizio ai danni della sua stessa imputabilità, con l'ausilio delle acquisizioni mediche e psichiatriche contenute nel DSM, o Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, e nell'ICD, o International Classification of Diseases. É proprio in questi termini che viene in linea di conto la sentenza n. 9163/2005 delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione. La pronuncia giurisdizionale, infatti, ha portato alla formulazione di un fondamentale principio di diritto alla luce del quale non soltanto é stato possibile addivenire ad una chiara definizione del concetto di infermità giuridicamente rilevante poiché anzi, la Corte si é pronunciata nel senso del riconoscimento dei disturbi della personalità nell'alveo dei disturbi idonei ad incidere sulla capacità di intendere e di volere dell'individuo e, quindi, sulla sua stessa imputabilità. La sentenza n. 9163/2005, anche conosciuta come sentenza Raso, ha costituito il punto di partenza nel senso dell'uniformazione, pressoché universalmente accettata, dei diversi orientamenti esistenti in materia di infermità. Nondimeno, a partire dall'estensione della categoria dei vizi di mente giuridicamente rilevanti, si è aperta la strada della ridefinizione dell'importanza della prova scientifica nelle aule di tribunale, con conseguente contributo in materia tanto della psichiatria quanto delle neuroscienze, così come del ruolo del giudice, in relazione alla prova predetta, passando da mero peritus peritorum a vero e proprio gatekeeper.
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