Riassunto analitico
L’uomo che ride (1869) è forse l’opera più cupa e visionaria di Victor Hugo: in questo testo, infatti, la convinzione che il mondo sia essenzialmente antitetico è pervasiva e si manifesta nel contrasto tra Bene e Male, tra deformità e bellezza, tra ricchezza e povertà. Della pluralità di temi e dei contrasti grotteschi si fanno carico le parole stesse, in quanto incarnano il disegno poetico di Hugo, soprattutto tramite il plurilinguismo, tassello essenziale della poetica dell’autore. Tale fenomeno è capillare e si manifesta sotto forma di vere e proprie epifanie, che attraversano il testo nella sua interezza, sostenendolo e definendolo: l’obiettivo di questa tesi è osservare tale fenomeno in relazione alla traduzione. Nell’introduzione si offre una riflessione circa la ricezione di Hugo nei contesti anglofoni e italofoni; nel primo capitolo, l’analisi si concentra sull’importanza che riveste il grottesco nella poetica di Victor Hugo e su come diventa importante strumento espressivo dell’autore; inoltre, nel medesimo capitolo è presente uno spazio di riflessione sul rapporto tra scrittura e architettura nella poetica hugoliana. Un secondo capitolo è dedicato al pensiero dell’autore sulla lingua e sul suo uso dell’argot e del plurilinguismo nelle sue opere, in particolare ne L’uomo che ride. Segue un capitolo metodologico sulla critica delle traduzioni, mentre nelle sezioni seguenti si riflette sulle scelte traduttive operate da due traduttori di lingua inglese e di due traduttori di lingua italiana, al fine di osservare il mantenimento, o meno, delle epifanie plurilingui e dunque il rispetto, o meno, della poetica dell’autore; in conclusione, si propone una riflessione sul pensiero di Hugo e di Antoine Berman circa la traduzione, applicando le loro teorie alle traduzioni qui osservate.
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Abstract
The Man who Laughs (1869) may be considered Victor Hugo’s darkest and most visionary work. Indeed, this text embodies the belief that the world is fundamentally antithetic, and this is conveyed by the discordances that exist not only between Good and Evil, but also between deformity and beauty, prosperity and poverty. There is a plurality of themes, as well as grotesque antitheses, both expressed by the words themselves, which are the embodiment of Hugo’s poetics. The latter also includes plurilingualism, which is particularly relevant in this novel. This phenomenon is widespread thanks to what can be identified as epiphanies, which support and define the text. This thesis aims at drawing a relationship between plurilingualism and translation. Firstly, a reflection on Hugo’s reception in both the Anglophone and the Italophone contexts is offered and then, since it is an important expressive instrument for the author, the relevance that the grotesque has in Victor Hugo’s poetics is analysed in the first chapter. The latter also offers a reflection concerning the connection between writing and architecture in Hugo’s poetics. The second chapter focuses on the author’s thought regarding languages, and how he uses both argot and plurilingualism in his works. The latter is mainly considered with reference to The Man who Laughs. A method for translation criticism is then presented in the third chapter. This is followed by a reflection on the translation choices made by two Anglophone translators and two Italophone translators, so as to determine whether the plurilingual epiphanies were maintained and, consequently, whether Hugo’s poetics was respected. Lastly, a consideration regarding Hugo and Antoine Berman’s theories concerning translation is offered, by also applying them to the previously analysed translations.
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