Riassunto analitico
Per la mia tesi di laurea magistrale ho scelto di trattare il tema del credito al consumo, ho deciso dopo aver toccato questo argomento durante le lezioni del Prof. Lemme, al quale ho chiesto di farmi da relatore per questo elaborato. Son rimasto colpito dal punto di vista di Federico Ferro Luzzi, esposto nel capitolo III “Il ruolo del diritto nell’accrescimento del benessere”, il quale ha trattato l’argomento sotto il profilo della irrazionalità degli esseri umani e del loro “pensiero emotivo”, nell’ambito di uno strumento come il credito al consumo. L’autore lo ritiene un sistema strutturato che si basa sulla scelta emozionale e che mira a far sorgere, nel consumatore, il rammarico ovvero il rischio che l’acquisto del bene – per mezzo del finanziamento – non consenta l’acquisto di altri beni necessari, rammaricando il debitore. Tra i tanti punti di attenzione vi è la dura del contratto di prestito, che in alcuni casi può arrivare fino ai 120 mesi, quando – fa notare Luzzi – una famiglia può programmare il proprio assetto patrimoniale per non più di 12 mesi, la provocazione di vietare il ricorso al prestito di denaro per finalità di acquisto di beni non necessari, invitando a riscoprire l’importanza del risparmio per far fronte a quel tipo di spese. Il capitolo si conclude con la proposta di fissare tre limiti per l’utilizzo del credito al consumo: escludere alcuni beni tra quelli acquistabili, diminuire il periodo massimo di rateizzazione e stabilire una percentuale massima del reddito impiegabile in acquisti (alla stregua di quello che accade per i mutui residenziali, in cui il rapporto rata/reddito può arrivare al massimo al 35% del reddito disponibile, tenendo conto del c.d. reddito di sussistenza). È chiaro che lo scenario descritto è una provocazione, ma invita a riflettere sugli effetti del ricorso massivo del credito da parte dei consumatori, specialmente a seguito degli effetti della pandemia da Covid-19, dove molti debitori si sono trovati a dover richiedere una moratoria data l’impossibilità di lavorare durante il lockdown. Tutto ciò unito alla carenza di educazione finanziaria e alla perdita di una buona abitudine, tipica dell’Italia del dopoguerra, ovvero quella del risparmio. D’altro canto, imporre obblighi come quelli proposti sarebbero assimilabili ad una lesione della libertà delle persone, quindi inapplicabile nella realtà, oltretutto si rinuncerebbe a parecchi punti di PIL riducendo il raggio d’azione del credito al consumo, e con esso tutta la crescita trasversale dell’indotto ad esso collegato, si pensi ai beni che – per loro natura – hanno un costo elevato, ad esempio un’automobile, senza una formula di finanziamento sarebbe accessibile ad una limitatissima platea di clienti. Per questo, a mio avviso, l’unica risposta è lavorare sull’educazione finanziaria, a tutte le fasce d’età, e rilanciare l’importanza e la valorizzazione del risparmio, che in momenti come quello attuale, caratterizzato da un decennio di tassi bassi e stabili, non sono appetibili. Una proposta a questo problema di stagflazione, si segnala la nascita di nuovi strumenti che veicolano il credito, uno tra tutti Soisy, startup nata nel 2015 che si occupa di mettere in contatto i prestatori e i prenditori di fondi, ovvero chi intende investire i capitali in suo possesso e chi necessita di denari da prendere a prestito. Il nome di questo tipo di servizio prende il nome di peer2peer landing o social landing, e fanno parte di quel circuito alternativo al canale bancario tradizionale, del quale il nostro paese continua ad essere dipendente per ragioni legate alle operazioni di raccolta e impiego di fondi, così come il crowdfunding e il microcredito.
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