Riassunto analitico
ADPKD (Autosomal Dominant Polycystic Kidney Disease) è la più comune patologia renale ereditabile con una prevalenza di 4:10000 e rappresenta il 5-10% dei casi di insufficienza renale terminale (ESRD), risultandone la quarta causa globale. È un disordine monogenico caratterizzato dalla formazione di cisti renali bilaterali e in molti casi anche di cisti extra-renali. I geni coinvolti sono PKD1 nel 77.7% dei casi e PKD2 nel 14.7%, mentre rimane un 7.6% di casi negativi e si ipotizza un terzo gene. La diagnosi viene effettuata preferenzialmente tramite ecografia renale. La ricerca di mutazioni tramite test genetico viene effettuata nei casi atipici con esordio severo e precoce, casi “de novo”, consulenza riproduttiva, o nelle famiglie a rischio, qualora vi sia necessità di donazione di rene tra famigliari. Attualmente il test si basa su metodiche di sequenziamento diretto, mediante Sanger o NGS, dei geni PKD1 e PKD2. In questo progetto sono stati studiati 68 pazienti del nostro centro, affetti da ADPKD, che si erano sottoposti al test genetico negli anni passati. I pazienti sono stati richiamati e, in presenza di consenso informato, sono stati raccolti i dati clinici ed ecografici. Quindi sono state analizzate le 54 varianti trovate mediante: analisi di popolazione, analisi computazionale e di segregazione. Le mutazioni sono state classificate secondo le nuove linee guida ACMG (American College of Medical Genetics and Genomics) in cinque classi: Pathogenic, Likely pathogenic, Uncertain significance, Likely benign e Benign. In alcuni casi non vi erano sufficienti informazioni a definire una diagnosi, perciò si è deciso di effettuare studi di segregazione. In questi casi abbiamo eseguito l’analisi di sequenziamento in Sanger, creando long PCR, a partire da DNA genomico, poi utilizzate come templato per l’amplificazione delle regioni di interesse. Le sequenze così ottenute sono state analizzate per valutare la segregazione della variante nella famiglia. Rimangono invece irrisolti i casi clinicamente cistici che presentano solamente varianti classificate come benigne o varianti sinonime e introniche di cui ancora non esiste una codifica certa. Si è inoltre deciso di studiare il follow-up dei pazienti in base al tipo di mutazione, dato che dovrebbe essere fornito in ambito di counselling genetico. Sono quindi stati raccolti i dati riguardanti l’evoluzione verso insufficienza renale utilizzando il database LOVD 2.0 e il registro RIDT. Con questi dati è stata analizzata la prognosi dei pazienti e si è osservato che le mutazioni troncanti su PKD1 presentano prognosi molto peggiore rispetto a quelle missenso (48 anni e il 52% dei pazienti in ESRD per le prime, contro i 67 anni e il 6.6%); e soprattutto che le mutazioni in-frame mostrano una prognosi simile a quella delle troncanti. Inoltre abbiamo confermato il dato di letteratura che indica come i soggetti con mutazioni su PKD1 vadano più precocemente in insufficienza renale rispetto a quelli con mutazioni su PKD2 (52.4 anni contro 63.8 anni). Infine il dato più interessante è che i soggetti che presentano “small in-frame” vadano incontro ad ESRD nel 100 % dei casi, con un’età media di 50 anni. Questo dato eclatante è però supportato da un limitato numero di pazienti (n=4), pertanto non possiamo trarne conclusioni esaustive. Per i casi irrisolti, e per i casi atipici, si è deciso di proseguire con la definizione e creazione di un pannello genico mediante tecnologia NGS-Illumina che contenga i principali geni coinvolti nello sviluppo di patologie genetiche renali (60 geni). Tale lavoro è ancora in fase sperimentale, ma si propone come obbiettivo di ottenere una diagnosi differenziale tra tutte le patologie renali, cistiche e non, utile per la definizione di un trattamento clinico più mirato.
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