Riassunto analitico
Nel presente lavoro di tesi l’interesse è volto ad analizzare la procedura di amministrazione giudiziaria dei beni sequestrati alla criminalità organizzata, che prende vita a seguito del provvedimento di sequestro disposto dal Tribunale contro soggetti ritenuti appartenenti ad organizzazioni di tipo mafioso, focalizzando l’attenzione sulla fase iniziale della procedura stessa. Ci si è posti l’obiettivo di esaminare attentamente il complesso ruolo che il professionista-amministratore giudiziario assume nella procedura, rilevando le problematiche e le criticità che egli si trova ad affrontare. L’elaborato parte dallo studio delle problematiche che la criminalità organizzata genera sul mercato: rappresenta un fenomeno grave e pericoloso per l’intero sistema economico e sociale italiano; infatti, operando nel mercato con logiche proprie, contrarie a quelle della libera concorrenza, ed effettuando scelte illegali, provoca effetti gravemente distorsivi per l’intero sistema. Così, al fine di contrastare tale fenomeno, sorge la necessità di promuovere misure di prevenzione: in particolare, lo strumento più efficace nella lotta alla criminalità organizzata è rappresentato dall’aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati. Le principali misure volte a rendere concreta tale azione di contrasto sono il sequestro e la confisca di prevenzione, disciplinate dal decreto legislativo n. 159 del 6 settembre 2011, il cosiddetto “Codice Antimafia”. L’elaborato si focalizza così sull’analisi delle misure di prevenzione, soffermandosi in particolare sulla misura cautelare del sequestro. Si dedica poi all’esame della procedura di amministrazione giudiziaria e dei connessi adempimenti a carico dell’amministratore giudiziario, facendo poi un riscontro con quanto avviene concretamente nella prassi, mediante l’analisi di un caso aziendale concreto. Egli, attraverso proprie qualificate e specifiche competenze, deve essere in grado di gestire il patrimonio sequestrato in un’ottica di conservazione e di produttività, al fine di condurre l’impresa mafiosa al risanamento e al ripristino della legalità. In conclusione, l’elaborato evidenzia le molteplici criticità che l’amministratore si trova ad affrontare, anche alla luce di quanto emerso dall’analisi del caso concreto. Egli deve innanzitutto affrontare quotidianamente i tipici problemi inerenti l’ordinaria amministrazione dell’impresa, con l’ulteriore difficoltà che l’azienda ha operato fino al momento del sequestro in un contesto mafioso ed ha beneficiato di rapporti e vantaggi competitivi illeciti. Si trova così ad assistere a una situazione di disordine contabile e di evasione contributiva e fiscale da ripianare, nonché ad un cambiamento repentino di atteggiamento da parte dei vari stakeholders, i quali, venuti a conoscenza del provvedimento di sequestro, assumono comportamenti di totale chiusura nei confronti dell’azienda. Si trova pertanto di fronte a comportamenti di terzi che, seppur giuridicamente legittimi, sono controproducenti per la procedura: gli impediscono di fatto ogni concreta possibilità di gestione. Sorge così con il rischio di dover condurre un’impresa solida verso la chiusura e successivamente al fallimento. È allora necessario che egli si impegni a trasmettere fiducia a tutti i soggetti che interagiscono con l’impresa e ad individuare delle soluzioni contro le loro reazioni di chiusura, per evitare che si generino ulteriori ripercussioni negative sia sul depauperamento dei patrimoni e sui livelli occupazionali, sia sul piano sociale e sull’immagine: lo Stato e la lotta contro la mafia perderebbero credibilità e verrebbe trasmesso implicitamente il messaggio secondo cui le organizzazioni mafiose sono più efficienti nella gestione imprenditoriale rispetto allo Stato e che, laddove esse erano in grado di creare ricchezza ed occasioni di lavoro, lo Stato produce perdite o conduce al fallimento.
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