Riassunto analitico
L'elaborato affronta la problematica del salario minimo nel contesto europeo e nazionale, attraverso un'analisi comparata delle soluzioni che storicamente sono state fornite dai singoli legislatori dei Paesi dell'Unione Europea, e dall'Unione stessa nell'ambito di una politica salariale condivisa, ai fini del recupero del potere di acquisto dei lavoratori e dell'argine alla problematica della loro progressiva marginalizzazione. Sono analizzate nel dettaglio le soluzioni di salario minimo legale adottate dal Regno Unito, dalla Francia e dalla Germania, con uno sguardo complessivo alle altre legislazioni europee che da oltre un secolo affrontano la problematica dei bassi salari. Le soluzioni individuate oscillano tra quella di un salario minimo legale e, in alternativa o a complemento, la contrattazione collettiva. Due soluzioni che vengono dettagliatamente analizzate nel contesto italiano sotto il duplice profilo di una ipotesi di normativa sui minimi retributivi, oggetto del dibattito politico attuale e di disegni di legge già depositati presso le camere del Parlamento, da un lato; e come ipotesi alternativa di rafforzamento della contrattazione collettiva, che ha storicamente giocato un ruolo da protagonista nel sistema di relazioni industriali italiano, necessitando tuttavia di una riforma che ne realizzi l'efficacia erga omnes, dall'altro. Si analizza quella che è stata definita via italiana al salario minimo, attraverso il contributo fornito dalla giurisprudenza nell'attività di interpretazione dell'art. 36 Cost. in combinato disposto con l'art. 39 Cost., ai fini dell'individuazione di una retribuzione che sia proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto, e comunque sufficiente a garantire al lavoratore ed alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. Nell'elaborato si sostiene la predilezione per la soluzione dell'efficacia erga omnes dei contratti collettivi rispetto ad un'ipotesi di salario minimo legale, nell'auspicio che l'Italia, anche in ragione del trascorso storico delle relazioni industriali consolidatesi nell'arco del '900, persegua l'efficacia generalizzata dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente maggiormente rappresentative. L'erga omnes dei contratti collettivi sottoscritti dai sindacati più rappresentativi conseguirebbe il duplice risultato di definire in misura puntuale, in ragione delle particolarità delle singole realtà industriali e delle differenze tra zone geografiche più prospere e più povere del Paese, il salario minimo obbligatorio, eliminando al contempo il dumping salariale condotto dalla c.d. contrattazione pirata, svolta da sindacati scarsamente rappresentativi. L'obbligatorietà generalizzata dei contratti collettivi sottoscritti dai sindacati maggiormente rappresentativi sarebbe ottenuta attraverso l'attuazione dell'art. 39 Cost. co. 2-4 da un lato, unitamente ad una legge sulla rappresentanza formulata sulla falsariga del Testo Unico sulla Rappresentanza del 2014, ed il Patto per la Fabbrica del 2018. Il fine che deve essere perseguito non è l'individuazione da parte del legislatore di una soglia al di sotto della quale i salari corrisposti ai lavoratori non possano scendere, ma la certificazione delle autorità salariali che possano sedersi al tavolo delle trattative per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali e di prossimità, unitamente alla efficacia obbligatoria delle clausole in essi contenute
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