Riassunto analitico
Questo lavoro si propone di analizzare la versione inglese e italiana della direttiva 1999/44/CE riguardante alcuni aspetti della vendita di beni di consumo. In particolare, l’analisi prende in considerazione alcune scelte traduttive presenti nella versione italiana influenzate da aspetti specificamente culturali del linguaggio giuridico italiano. Prima di procedere con l’analisi della direttiva, vengono descritte le ragioni e le conseguenze del regime multilinguistico adottato dall’UE facendo riferimento alle teorie di Cosmai (2003). In seguito, la tesi, dopo una descrizione dei tratti principali del linguaggio giuridico, presenta gli aspetti della traduzione giuridica culturalmente influenzati che saranno analizzati nelle due versioni della direttiva. Essi sono tre: elementi coesivi, stile nominale e modalità prescrittiva e permissiva. Si ritiene infatti che, come sostenuto tra gli altri da autori come Garavelli (2001), Scarpa (2001), e Caliendo (2004 e 2005), tali aspetti siano influenzati in particolar modo da tradizioni giuridiche nazionali che anche i traduttori europei sono chiamati a rispettare nonostante i vincoli che una direttiva europea pone in termini di comparabilità tra le diverse versioni. Dopo una presentazione delle disposizioni contenute nella direttiva, viene redatta l’analisi dei due testi. L’analisi svolta è di tipo comparativo ed ha seguito questo percorso: dopo la discussione di ognuno dei tre aspetti sopra elencati, le due versioni sono state confrontate alla ricerca di differenze testuali che confermassero, o smentissero, le teorie presentate in precedenza. I contenuti di ogni elemento analizzato sono stati riassunti in tabelle e discussi sia da un punto di vista quantitativo (al fine di evidenziare eventuali tendenze predominanti) che qualitativo (per esemplificare la ricorrenza di alcuni fenomeni traduttivi particolarmente significativi). L’analisi condotta sui due testi conferma la preferenza della versione italiana per strutture nominali che, attraverso una condensazione semantica, innalzano il livello di formalità del testo. Allo stesso modo lo studio degli elementi coesivi ha evidenziato in alcuni casi il ricorso alla sostituzione del referente laddove l’inglese aveva preferito una ripetizione parziale o totale di quest’ultimo. Infine, l’osservazione dell’espressione della modalità ha determinato un quadro più eterogeneo in cui vi sono forti differenze in base al grado di imposizione espresso nel testo. Infatti, la modalità permissiva, espressa in inglese attraverso may e can, viene resa indistintamente con il modale potere in italiano salvo alcune eccezioni. D’altro canto la modalità prescrittiva segue i canoni tipici dell’espressione dell’obbligatorietà nella versione italiana sostituendo il più delle volte il modale shall con l’indicativo presente. Molto meno nette sono le soluzioni traduttive per should: altro modale molto diffuso nella direttiva che l’italiano rende attraverso diversi costrutti. Allo stesso modo, la resa in italiano del modale must appare piuttosto indefinita anche se in questo caso la sua limitata frequenza non ci permette di delineare tendenze attendibili. In conclusione, dall’analisi condotta emerge che, nonostante gli obblighi di comparabilità imposti dal tipo di documento analizzato, le due versioni della direttiva presentano differenze relative ai tre aspetti osservati, che possono essere ricondotti a specifiche tendenze nazionali culturalmente determinate.
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Abstract
This work aims at analysing the Directive 1999/44/EC on certain aspects of the sale of consumer goods. In particular, the analysis takes into account some culturally determined aspects of translation found throughout the Italian version that are typical of Italian legal language.
The analysis of the directive is preceded by some considerations on causes and consequences of the multilingual approach adopted by the EU. Such reflections are grounded on the theories pointed out by Cosmai (2003).
After an overview on the main features of legal language, the thesis introduces those culturally determined aspects of legal translation that will be analysed in the two versions of the directive. These are three: cohesive devices, nominal style and prescriptive and permissive modality. In fact, as pointed out by Garavelli (2001), Scarpa(2001), and Caliendo (2004 and 2005), these aspects are influenced by traditions of legal drafting that vary among different countries. Translators are called to respect them despite the constraints imposed by the genre of text under analysis in terms of comparability between different versions.
The discussion of legal provisions contained in the directive precedes the linguistic analysis of the directive. The analysis carried out throughout the work is a comparative one and applies the following method: after a description of each of the elements introduced above, the two texts are compared looking for textual discrepancies that may confirm, or deny, theories previously presented. The contents of each analysed aspect are summarised in tables and discussed from both a quantitative (in order to highlight tendencies) and qualitative (useful to exemplify the recurrence of particularly relevant phenomena of translation) point of view.
The analysis carried out confirms the Italian preference for nominal structures that, through semantic condensation, raise the degree of formality of the text. Also the study of cohesive devices has highlighted, in some cases, the Italian resort to the substitution of the referent whereas the English version shows a partial or full repetition. Finally, the comparison of the expression of modality in the two versions has revealed a more heterogeneous framework with strong differences depending on the degree of imposition expressed in the text. In fact, the permissive modality, expressed in English by may and can, is rendered into Italian by the modal potere, except for a few exceptions. On the other hand, the prescriptive modality conforms with the Italian use of expressing it by means of present indicative that most of times replaces the modal shall. Yet, the solutions adopted to render should into Italian are much less defined. Another modal that proved to be particularly thorny for translators is must since it is translated in different ways, although its limited frequency throughout the text does not allow us to draw telling inferences.
In conclusion, the findings of the analysed elements highlight that, despite the constraints imposed on translators in terms of comparability, the two versions of the directive present differences due to culturally determined practices of drafting.
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