Riassunto analitico
Nell’ambito del presente lavoro si è scelto di indagare uno dei temi salienti e dibattuti all’interno della nostra società: l’introduzione di sistemi di videosorveglianza all’interno delle istituzioni per la prima infanzia. Le motivazioni che hanno guidato questo lavoro nascono dalla curiosità di ricostruire il percorso storico che ha portato da forme di sorveglianza come il Panopticon di Jeremy Bentham a forme di controllo più sottili, delegate a diversi strumenti tecnologici. Se questo cambiamento ha investito in modo sempre più rapido la società, con il disegno di legge 2505 il governo precedente ha proposto l’introduzione di sistemi di videosorveglianza nelle strutture per la prima infanzia. Si è deciso di indagare le idee pedagogiche sottese al tema in questione, attraverso un’indagine empirica che ha coinvolto educatori e coordinatori pedagogici di tre diversi servizi. Il primo capitolo presenta una ricostruzione storica dell’evoluzione del concetto di sorveglianza a partire dall’invenzione alla fine del Settecento del Panopticon di Jeremy Bentham, alle riflessioni di Gillez Deleuze, negli ultimi anni del Novecento, sulla “società del controllo”. Nell’ambito di questa ricostruzione si sottolinea l’importanza che strumenti quali Internet e social network hanno avuto nel modificare il controllo all’interno della società. Bauman, nello specifico, riflettendo sul tema della modernità liquida, avverte che la reciprocità tra sorvegliato e sorvegliante sia venuta meno, affermando che spesso siamo videosorvegliati senza sapere di esserlo. Il secondo capitolo tratta il tema specifico della sorveglianza nelle strutture educative per l’infanzia partendo dall’analisi relativa ad alcuni casi di violenza emersi recentemente, fino all’arrivo in Parlamento del disegno di legge 2505. La proposta ha generato un grande dibattitto nella società e per questo si cerca di delineare le riflessioni a sostegno e quelle contrarie all’introduzione delle telecamere nei luoghi educativi. Si delineano le caratteristiche di queste strutture educative, analizzando il concetto di fiducia relazionale, quell’alleanza educativa tra famiglie e servizio che caratterizza questi luoghi sin dalla loro nascita. Il tema dello sgretolamento del rapporto di fiducia a seguito dell’introduzione di telecamere nei nidi d’infanzia è stato approfondito, in quanto viene delineato come uno dei rischi psico-pedagogici più significativi. Viene inoltre trattato il tema del burnout, domandandosi se l’introduzione delle telecamere possa essere una soluzione a questa condizione o un aggravamento della percezione di stress vissuta dagli operatori. Nel terzo capitolo viene approfondita l’identità pedagogica di un nido d’infanzia quindi i criteri che lo contraddistinguono come un servizio di qualità. Si afferma l’importanza della presenza del progetto pedagogico e del progetto educativo. Si valorizza il lavoro di èquipe affrontando anche il tema della formazione continua del personale. Si afferma il valore della documentazione e la presenza della figura professionale del coordinatore pedagogico, sottolineando l’importanza a livello di sistema e rete dei Coordinamenti Pedagogici Territoriali (CPT) e Provinciali (CPP), volti alla promozione sui territori di una cultura dell’infanzia. Il quarto capitolo si concentra sull’indagine empirica condotta attraverso la somministrazione di interviste e questionari, volti a raccogliere le opinioni di educatori e coordinatori pedagogici sulla proposta di legge 2505 e su temi ad essa strettamente correlati. L’indagine ha coinvolto tre strutture per l’infanzia situate su territori differenti. Credo sia importante, ancora di più per chi si occupa di educazione, domandarsi quali possano essere le conseguenze, positive e negative, che potrebbero essere portate dalla presenza di un occhio elettronico all’interno di un nido d’infanzia.
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