Riassunto analitico
Il conflitto israelo-palestinese rappresenta una delle questioni più complesse e controverse del panorama geopolitico contemporaneo. La sua rappresentazione nei media è cruciale, poiché le narrazioni costruite da diverse testate giornalistiche possono influenzare le percezioni del pubblico e le opinioni politiche. Questa ricerca si propone di analizzare criticamente il linguaggio utilizzato da tre importanti testate giornalistiche: Al Jazeera, The Jerusalem Post e The Intercept. Utilizzando un approccio di Corpus Linguistics, verranno esaminati i discorsi e le pratiche linguistiche per identificare le somiglianze, le differenze e i bias dei media nella loro rappresentazione del conflitto. Utilizzando il software LancsBox X, sono stati creati corpora specifici per ciascun media, comprendenti articoli pubblicati tra il 7 ottobre 2023 e il 1° luglio 2024. L'analisi si concentrerà su parole e collocazioni frequenti, nonché su campi semantici rilevanti, al fine di rivelare come ciascun media strutturi le proprie narrazioni e quali ideologie siano alla base di queste scelte linguistiche. Questo studio non solo contribuirà alla comprensione del linguaggio mediatico relativo ai conflitti, ma offrirà anche una riflessione su come il significato e la verità vengono costruiti attraverso i media. Le osservazioni iniziali indicano che Al Jazeera tende a enfatizzare le esperienze e le sofferenze dei palestinesi, utilizzando un linguaggio carico di emozioni e frasi come “la guerra di Israele su Gaza”, mentre The Jerusalem Post presenta una narrazione più incentrata sulla sicurezza e sulla legittimità delle azioni israeliane. Anche The Intercept, pur cercando di adottare una prospettiva più critica, mostra una certa parzialità, riflettendo le tensioni interne al discorso progressista. Inoltre, la ricerca comprende un progetto di digital storytelling sviluppato con Twine, che consente agli utenti di esplorare le diverse narrazioni e i bias emersi dall'analisi. Questo strumento interattivo fornirà un modo innovativo di presentare i risultati della ricerca, consentendo agli utenti di navigare tra le diverse prospettive e di approfondire gli argomenti trattati, contribuendo così a una comprensione più sfumata e ampia del conflitto e agli scopi educativi del digital storytelling stesso. Questa analisi critica del discorso si inserisce in un contesto più ampio di studi sui media e sulla comunicazione politica, contribuendo al dibattito accademico sul ruolo dei media nel plasmare la conoscenza del conflitto da parte dell’opinione pubblica. Le conclusioni evidenziano l'importanza di una lettura critica delle fonti di informazione e la necessità di considerare il linguaggio non solo come veicolo di informazione, ma anche come strumento di costruzione del significato e del potere. In sintesi, questa ricerca offre un'analisi approfondita e metodologica delle differenze linguistiche e ideologiche nella rappresentazione del conflitto israelo-palestinese da parte di tre testate giornalistiche, evidenziando l'importanza del linguaggio nel plasmare l'opinione pubblica e le narrazioni dominanti.
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Abstract
The Israeli-Palestinian conflict represents one of the most complex and controversial issues in the contemporary geopolitical landscape. Although the conflict reached a turning point on 7th October 2023, its origins trace back to 1948. Its representation in the media is crucial, as the narratives constructed by different news outlets can influence public perceptions and political opinions. This research aims to critically analyse the language used by three major news outlets: Al Jazeera, The Jerusalem Post and The Intercept. Using a Corpus Linguistics approach, the discourses and linguistic practices will be examined to identify similarities, differences and media biases in their coverage of the conflict. Using the LancsBox X software, specific corpora were created for each media outlet, including articles published between 7th October 2023 and 1st July 2024. The analysis will focus on frequent words and collocations, as well as significant semantic fields, in order to reveal how each media outlet structures its narratives and what ideologies underlie these language choices. This study will not only contribute to the understanding of media language related to conflict, but will also offer a reflection on how meaning and truth are constructed through the media. Initial observations indicate that Al Jazeera tends to emphasise the experiences and suffering of Palestinians, using emotionally charged language and phrases such as “Israel's war on Gaza”, while The Jerusalem Post presents a narrative more centred on security and the legitimacy of Israeli actions. The Intercept, while attempting to adopt a more critical perspective, also shows a certain bias, reflecting internal tensions within the progressive discourse. In addition, the research includes a digital storytelling project developed using Twine, which allows users to explore the different narratives and biases that emerged from the analysis. This interactive tool will provide an innovative way to present the research findings, allowing users to navigate between the different perspectives and delve deeper into the topics covered, thus contributing to a more nuanced and multilevel understanding of the conflict and to the educational purposes of digital storytelling itself. This critical discourse analysis fits into a broader context of media and political communication studies, contributing to the academic debate on the role of the media in shaping public understanding of conflict. The conclusions highlight the importance of a critical reading of information sources and the need to consider language not only as a vehicle of information, but also as a tool for constructing meaning and power. In sum, this research offers an in-depth and methodological analysis of the linguistic and ideological differences in the coverage of the Israeli-Palestinian conflict by three news outlets, highlighting the importance of language in shaping public opinion and dominant narratives.
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