Riassunto analitico
Il fenomeno dell'intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, anche noto come "caporalato", ha conosciuto negli anni una significativa diffusione in molti settori dell'economia, dando vita all'esigenza di prevedere forme di tutela sempre più puntuali ed efficaci. Nel corso del mio elaborato ho provveduto ad analizzare tale fattispecie delittuosa e, partendo dalle prime leggi punitive dell’intermediazione illecita previste agli inizi del secolo scorso, ho delineato anzitutto un quadro generale di quegli che sono gli aspetti che più hanno caratterizzato e che identificano ancora oggi il fenomeno del caporalato. Dopo aver fatto un approfondimento sull’orientamento internazionale ed europeo in materia di schiavitù e sfruttamento, ho posto l’attenzione sulle circostanze che hanno portato all’emanazione del d.l. n. 138/2011 e all’introduzione dell’art. 603-bis c.p., il primo reato specifico che punisce l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro. Tale intervento si rivelò comunque di debole risposta repressiva e l’emersione di fatti di cronaca particolarmente gravi, tra cui la morte della bracciante italiana Paola Clemente dopo un’estenuante giornata di lavoro nelle campagne di Andria, hanno portato il legislatore a riformare la disciplina attraverso la l. n. 199/2016. A tal proposito, ho provveduto a delineare le novità introdotte dalla riforma e, al contempo, ho posto altresì l’attenzione sulle criticità sottese all’attuale applicazione dell’art. 603-bis c.p., concentrandomi soprattutto sul ruolo assunto dai cc.dd. “indici di sfruttamento”. Inoltre, nel secondo capitolo del mio elaborato, ho cercato di analizzare il difficile, ma importante rapporto tra il reato di “caporalato” (art. 603-bis c.p.) ed il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù (art. 600 c.p.), usando a titolo esemplificativo le vicende ed i punti salienti che hanno caratterizzato il famoso “processo Sabr”. Oltre a ciò, ho preso in considerazione il nuovo settore della gig economy, nell’ambito del quale ampi sono stati i dibattiti sull’eventuale applicazione dell’art. 603-bis c.p. nei casi di prestazioni lavorative svolte attraverso le piattaforme digitali. In merito, celebre è stato il caso “Uber” come prima condanna per caporalato digitale nel settore del food delivery. Infine ho provveduto a trattare, nel terzo ed ultimo capitolo, il tema della responsabilità amministrativa degli enti nei casi di caporalato, una delle novità previste dal legislatore del 2016 grazie all’inserimento dell’art. 603-bis c.p. tra i reati presupposto nell’art. 25-quinquies del d.lgs. n. 231/2001. Dunque, oltre a focalizzarmi sull’adeguamento dei M.O.G. delle imprese e sul tema della genuinità degli appalti, ho trattato della misura della confisca obbligatoria, del controllo giudiziario dell’azienda e dell’amministrazione giudiziaria dei beni; rispetto a quest'ultima, emblematici sono stati i recenti casi “Alviero Martini”, “Giorgio Armani” e “Dior”, note aziende dell'alta moda colpevoli di aver agevolato attività di sfruttamento lavorativo.
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