Riassunto analitico
La seguente dissertazione esamina tre opere di tre autrici britanniche vissute tra il XVIII e il XIX secolo e più precisamente Hannah Cowley, Elizabeth Inchbald e Jane Austen. L’obiettivo di questo elaborato è quello di esplorare la comicità quale strumento di emancipazione femminile da parte delle scrittrici e la modalità in cui questa si sviluppa. Attraverso una commedia, una farsa e un romanzo, ciascuna scrittrice si serve di umorismo, ironia e sarcasmo per sfidare le norme sociali, ridefinire i ruoli femminili, affermando una volontà che risponda unicamente a sé stessa. Nel primo capitolo, l’analisi è incentrata sulla commedia di Hannah Cowley, The Runaway (1776). In quest’opera, il personaggio di Bella Sydney incarna l’ironia e il sarcasmo attraverso cui l’autrice mette in discussione le convenzioni sociali tradizionali come il matrimonio. Bella, con il suo spirito indipendente, rompe simbolicamente il cordone ombelicale che lega le donne ai ruoli imposti dalla tradizione, affermando principi di libertà individuale, autodeterminazione e volontà di autonomia. Il secondo capitolo esamina la farsa Appearance is Against Them (1785) di Elizabeth Inchbald, in cui l’autrice utilizza la comicità per condannare il materialismo della società del suo tempo, in particolare l’attrazione per i beni di lusso di importazione straniera (in questo caso lo scialle indiano) sfoggiati dalla borghesia emergente e dall’aristocrazia. Pur trattandosi di una farsa, l’opera mescola abilmente comicità e critica sociale, mettendo in luce la superficialità, l’ipocrisia e la ricerca di status che caratterizzano la società dell’epoca. Infine, il terzo capitolo affronta il romanzo Emma (1816) di Jane Austen, dove il peculiare stile narrativo dell’autrice svela in modo sottile le contraddizioni sia della protagonista sia della piccola comunità in cui vive. Emma, un personaggio intriso di stereotipi e pregiudizi, spesso fatica a comprendere il punto di vista altrui, rimanendo confinata nelle proprie convinzioni. L’uso del discorso indiretto libero, una tecnica che permette di integrare i pensieri dei personaggi nella narrazione in terza persona, rivela le contraddizioni e le ipocrisie di Emma e degli altri personaggi. Questo approccio consente alla Austen di presentare i protagonisti e la loro comunità con un’obiettività quasi chirurgica, lasciando che siano essi stessi a rivelare la propria natura. In questo modo, Emma si configura come una sorta di quadro che si disegna autonomamente sotto la guida discreta e sapiente del narratore.
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Abstract
This dissertation examines three works by British women writers of the XVIII and XIX centuries – Hannah Cowley, Elizabeth Inchbald, and Jane Austen – to explore how humour functions as a tool for female empowerment and the ways it evolves across different literary forms. Through a comedy, a farce, and a novel, each author employs wit, irony, and sarcasm to challenge social norms, reimagine women’s roles, and assert a form of autonomy grounded in self-determination.
The first chapter centres on Hannah Cowley’s comedy The Runaway (1776), where the character Bella Sydney personifies the irony and sarcasm Cowley uses to question traditional expectations, particularly around marriage. Bella’s independent spirit symbolically breaks the umbilical cord binding women to roles prescribed by tradition, asserting principles of individual freedom, self-direction, and autonomy.
The second chapter turns to Elizabeth Inchbald’s farce Appearance is Against Them (1785), which uses comedy to critique the materialism of the period, especially the fascination with imported luxury goods – such as Indian shawls – displayed by the rising bourgeoisie and aristocracy. Though a farce, the play deftly combines humour with social critique, underscoring the era’s vanity, hypocrisy, and relentless pursuit of status.
The third chapter examines Jane Austen’s novel Emma (1816), where the author’s distinctive narrative style subtly reveals contradictions within both the protagonist and her close community. A character deeply entrenched in stereotypes and prejudices, Emma often fails to understand others’ perspectives, remaining largely wedded to her own assumptions. Austen’s use of free indirect discourse – a narrative technique blending the characters’ thoughts into a third-person perspective – exposes the contradictions and hypocrisies of Emma and the surrounding characters. This approach allows Austen to portray her characters and community with striking objectivity, as they autonomously reveal their own nature. Thus, Emma serves as a kind of self-painted portrait, subtly directed by the narrator’s discerning eye.
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