Riassunto analitico
Il concetto di sicurezza ha un carattere certamente plurale e va considerato come un sistema basato su misure diverse. Sotto il profilo sociologico il termine sicurezza trova diverse declinazioni a seconda del punto di vista dell’osservatore anche se generalmente è messa in relazione con il concetto di pericolo a garanzia di una fruizione pacifica di diritti e godimento di beni giungendo così a darvi diverse qualificazioni quali sicurezza pubblica, ambientale, sociale, sicurezza del lavoro, in relazione appunto al bene protetto. La sicurezza diviene però un diritto garantito solo nelle moderne democrazie a partire dalla rivoluzione francese dove viene inserita tra i diritti naturali dell’individuo e tra i valori fondanti dello Stato moderno. Infatti per l’art. 2 della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789 sono diritti naturali e imprescrittibili “la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione. Bisognerà attendere il 1948 per ritrovare un concetto simile nella “Dichiarazione Universale dei diritti Umani” che ribadirà come “ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona”.Non va però dimenticato che la sicurezza ancor prima di essere un bene giuridico è un bene sociale a forte valenza politica tale da coinvolgere tutti gli aspetti della vita degli individui anche in forma di aggregazioni sociali. Ne consegue una visione di sicurezza necessariamente più attuale quale base di una civile convivenza in grado di promuovere un benessere comune ed una maggiore qualità della vita bene tutelato dalla costituzione.Una logica orizzontale all’interno della quale sono diversi i protagonisti, pubblici e privati in una logica di sussidiarietà dove la sicurezza non rappresenta una prerogativa esclusiva dello Stato. Il problema della sicurezza è diventata infatti negli ultimi anni prioritaria per i cittadini, ormai parte integrante dell’agenda politica su cui si gioca il consenso di partiti e amministratori pubblici. Se il diritto penale ha da sempre rappresentato un baluardo posto a garanzia dell’ordinamento giuridico per garantire un senso di sicurezza nonché un fattore di dissuasione nei confronti del crimine è innegabile che lo stesso “dogma” risulti ora più friabile a contaminazioni extrapenali. Pur dovendo prendere atto della crisi attuale della giustizia penale, non è però partendo dalla progressiva marginalizzazione del sistema penale che si può avviare un ragionamento davvero utile sul nuovo concetto di sicurezza. La strada da percorrere è infatti quella di una prevenzione integrata che non escluda quella penale resa più selettiva utilizzando le sanzioni in modo adeguato. Nel mettere le basi di un nuovo concetto di sicurezza si deve inoltre partire dal coinvolgimento diretto dei cittadini nelle politiche delle amministrazioni locali lavorando su tutti quegli aspetti che in una città contribuiscono a prevenire non soltanto i comportamenti criminosi ma anche una sensazione di insicurezza. La questione delle politiche locali di sicurezza si impose nel nostro paese a partire dagli anni ’90 a fronte di una crescente pressione da parte della collettività indirizzando le richieste sempre più verso gli amministratori locali. Si comincia così a parlare di sicurezza urbana anche in termini di redistribuzione della responsabilità e delle competenze tra amministrazione centrale e locale con la rinnovata figura del Sindaco sempre più protagonista in quanto soggetto più prossimo alla realtà locale. Una forma di prevenzione rivolta ancor prima che agli autori del reato alle vittime potenziali in una dimensione locale coinvolgendo quali attori gli enti locali. Con la L 48/17 il legislatore finalmente si sofferma sulla definizione di sicurezza integrata e la sicurezza urbana. Viene così individuato l’ambito di applicazione come disposto dall'art. 118 Cost.
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