Riassunto analitico
Il report “Jobs study: evidence and explanations” (1994) dell’OECD individuò nella rigidità dei sistemi economici la causa principale della scarsa produttività e della disoccupazione persistente. I governi delle principali economie, compreso quello italiano, risposero all’imperativo di flessibilizzazione. In Italia, vennero liberalizzate tipologie contrattuali atipiche tramite l’adozione di varie riforme (flessibilità numerica in entrata): il “pacchetto Treu” (l. n. 196/1997), la “legge Biagi” (d. lgs. 267/2003), la “riforma Fornero” (l. n. 92/2012), il “Jobs Act” (l. n. 183/2014) e, infine il “Decreto dignità” (d. l. 87/2018, successivamente convertito in legge). L’elaborato si inserisce nel dibattito “stepping stone vs dead end”. Secondo la teoria, infatti, i contratti a tempo determinato possono fungere da trampolini (in inglese stepping stone) verso una carriera più stabile oppure da trappola di precarietà da cui i lavoratori faticano ad uscire. Difatti, in linea teorica i contratti a tempo determinato possono rappresentare una porta d’accesso (in inglese port of entry) soprattutto per giovani, donne e disoccupati di lunga durata, garantire l'ottenimento di informazioni sulle opportunità di lavoro a tempo indeterminato già presenti sul mercato, acquisire esperienza lavorativa (nonché capitale umano) e stabilire un network sociale (Ichino et al., 2008). Al contempo i contratti atipici potrebbero essere uno strumento per segnalare skills per i lavoratori e di screening per le imprese (Eichhorst, 2014). Sebbene l’utilizzo di forme contrattuali a termine non comporti di per sé una condizione di vulnerabilità, i contratti atipici sono spesso associati a più scarse condizioni di lavoro rispetto ai contratti di lavoro a tempo indeterminato in termini di minor salario, minor training, minore stabilità lavorativa e minor protezione da parte della previdenza sociale (Berton et al., 2011). Valutare se i contratti a tempo determinato siano quindi un trampolino o una trappola è, in definitiva, una questione di natura empirica (Ichino et al., 2008). Utilizzando dati di natura amministrativa (Comunicazioni obbligatorie) disponibili per l’arco temporale 2010-2022, con un campione di 10372 individui fra i 18 e i 30 anni vengono stimati modelli pooled OLS, vari modelli lineari di probabilità ad effetti fissi e una serie di modelli logit dinamici ad effetti fissi per valutare quale ipotesi prevalga. In generale le evidenze suggeriscono che, date caratteristiche osservate e non osservate, i contratti temporanei non sono uno trampolino verso contratti permanenti. Per i modelli lineari il risultato più rilevante è che, ceteris paribus, avere avuto un contratto a tempo determinato rispetto alle altre tipologie contrattuali diminuisce la probabilità di ottenere un contratto a tempo indeterminato dopo un anno di un range che va dai 4,4 ai 6,8 punti percentuali e di 4,2% dopo due. I modelli non lineari, invece, rispetto all’essere non occupati stimano una diminuzione di probabilità minore, pari a 0,6% dopo un anno e di 0,2% dopo due. L’elaborato è strutturato come segue: Il primo capitolo cerca di chiarire come può essere interpretato il concetto di flessibilità e di come la liberalizzazione contrattuale sia stato lo strumento cardine per la flessibilizzazione in Italia; il secondo capitolo si focalizza sullo stepping stone effect fornendo le posizioni a favore e contro lo stesso nonché i principali contributi empirici; il capitolo terzo propone l’analisi empirica chiarendo le metodologie adottate e fornendo risultati e limiti dell’analisi; il capitolo 4 conclude l’elaborato fornendo un accenno delle implicazioni di policy. Infine, il capitolo 5 è l’appendice mentre il capitolo 6 e 7 forniscono bibliografia e sitografia.
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